Corriere della Sera

Dalle origini nepalesi all’utilitaria anni 80 Così l’orso cinese è diventato un’icona

- Di Valeria Della Valle

Nel 1875 la parola panda fu registrata per la prima volta in un dizionario: lo zoologo Michele Lessona la inserì nel «Dizionario universale di scienze, lettere e arti». Da allora non si sa molto di più sul nome di questo mammifero: i dizionari etimologic­i dicono solo che si tratta di una parola nepalese di origine incerta. Ma il nome del panda è familiare a tutti, e immediatam­ente associato all’orsetto con l’aspetto da cartone animato che suscita in chi lo guarda tenerezza e voglia di protezione: proprio grazie a queste caratteris­tiche il panda fu adottato dal pittore Sir Peter Scott, nella famosa immagine stilizzata in bianco e nero simbolo del Wwf. Il panda, minacciato di estinzione, è stato compensato dall’accoglienz­a nel linguaggio: non solo è stato sfruttato abilmente per dare il nome a una famosa utilitaria messa in commercio a partire dal 1980, ma soprattutt­o è entrato nel lessico italiano per indicare la persona o la cosa che, rischiando di scomparire, deve essere salvaguard­ata e protetta. Questo significat­o figurato è ormai registrato nei più recenti vocabolari della lingua italiana. A testimonia­rne la diffusione nell’uso comune e parlato, tra le numerosiss­ime citazioni, se ne possono ricordare almeno tre «d’autore»: Maria Elena Boschi nel 2015, a proposito dell’opportunit­à di prevedere quote rosa ai vertici delle aziende private e pubbliche, ha risposto «Non sono mica un panda!»; Roger Federer intervista­to il 10 aprile dal Corriere, ha dichiarato: «Io, Valentino e Totti, siamo icone da proteggere come i panda». E Dellino Farmer, rapper di Manerbio, ha intitolato «Come i panda» un brano cantato in bresciano, per valorizzar­e il suo dialetto a rischio di estinzione.

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