Corriere della Sera

Negli Usa creati solo 38 mila posti, ma c’è piena occupazion­e

Le stime ne prevedevan­o 158 mila I senza lavoro scendono al livello minimo del 4,7%. L’impatto sulle decisioni della Federal Reserve

- M. Sab. Giu. Fer

Gli ultimi dati sul mercato del lavoro Usa pubblicati ieri alimentano il rompicapo della disoccupaz­ione americana e complicano la decisione della Federal Reserve su un nuovo rialzo dei tassi, che la presidente Janet Yellen e altri governator­i della Banca centrale consideran­o «appropriat­o».

A maggio sono stati creati 38 mila posti di lavoro, meno dei 123 mila nuovi posti di aprile (il dato è stato rivisto) e ancora meno dei 158 mila attesi dagli economisti. A dispetto del drastico rallentame­nto - è il peggior risultato dal settembre 2010 - la disoccupaz­ione Usa è scesa dal 5 al 4,7%, un tasso che molti consideran­o piena occupazion­e. Si tratta del livello

È il tasso di partecipaz­ione della forza lavoro Usa sul totale della popolazion­e attiva nel mese di maggio. Si tratta del valore più basso degli ultimi mesi, in calo dal 62,8% del mese di aprile Vivendi è un investitor­e di lungo termine in Telecom Italia, non intende cedere la sua quota, non gestisce la società, né intende gestirla, anche perché la presenza nelle telecomuni­cazioni non va confusa con l’attività «core» del gruppo francese che è nei contenuti. Parola di Vincent Bolloré, presidente e primo azionista di Vivendi, che in una lunga intervista al Financial Times passa in rassegna le attività del suo impero e difende l’ingresso in Telecom Italia, anche perché ha contribuit­o a «sviluppare relazioni privilegia­te» e ha pure facilitato l’accordo con Mediaset. Il finanziere bretone respinge l’illazione che più basso dal novembre 2007. Negli anni precedenti la crisi finanziari­a la media dei senza lavoro era stata del 4,6%, una percentual­e salita fino a un picco del 10%, nel 2009, in piena crisi.

Sembrano numeri in apparenza contraddit­ori. La spiegazion­e è che molti americani, non trovando un’occupazion­e idonea alle loro capacità, hanno smesso di cercarla, e sono usciti dalla forza lavoro. La conferma è che la partecipaz­ione alla forza di lavoro il mese scorso è scesa al 62,6%, il livello più basso dell’anno.

Un’altra spia che desta preoccupaz­ione sulla reale salute del mercato del lavoro americano è l’investimen­to da 3 miliardi di euro in Telecom (di cui Vivendi è primo azionista con il 24,7%) sia opportunis­tico, vale a dire guidato dalla scommessa che la società potrebbe essere un target di acquisizio­ne se e quando ci sarà il consolidam­ento delle tlc in Europa. «Non vogliamo vendere, siamo felici in Italia e di essere un investitor­e di lungo termine», assicura Bolloré, che al tempo stesso sottolinea come Vivendi sia nelle tlc «perché sono complement­ari ai contenuti». data dal numero dei lavoratori con un impiego part-time perché non riescono a trovarne uno a tempo pieno: il mese scorso sono aumentati di 468 mila unità, con un tasso stabile al 9,7%, agli stessi valori del 2008.

Sui dati pubblicati dal Bureau of Labour Statistics pesa lo sciopero di circa 31.500 lavoratori di Verizon, tanto che l’occupazion­e nel settore delle tlc a maggio ha perso 34 mila posti. L’accordo siglato il mese scorso tra azienda e sindacati, se ratificato, potrebbe rifletters­i sui dati di giugno. Un segnale positivo arriva però dalle retribuzio­ni orarie nel settore privato, salite in media del 2,5% rispetto a un anno fa, a dollari

È la retribuzio­ne media oraria dei lavoratori Usa nel settore privato. A maggio è salita del 2,5% annuo. Il fatto che i salari crescano più dell’inflazione implica più reddito per i consumi 25,59 dollari. Con due implicazio­ni importanti: salari che crescono ben più dell’inflazione implicano più reddito per i consumi, e quindi una nuova spinta all’economia. Ma se le retribuzio­ni aumentano forse significa che la disoccupaz­ione americana è struttural­e e mantenere i tassi vicini a zero per un prolungato periodo di tempo non solo no aiuterà a creare nuovi posti, ma potrebbe aumentare i danni collateral­i indesidera­ti.

Ecco perché il compito della Fed è così complicato e le decisioni su un possibile rialzo dei tassi per nulla scontate.

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