Corriere della Sera

Il libro di Manuela Stefani (Mondadori) Una donna al bivio dei sentimenti mentre scopre la Sicilia degli avi

- Di Carlo Baroni

Un compagno che avercene. Affascinan­te e comprensiv­o. Il lavoro che volevi. Una casa ai confini del paradiso. Hai fatto bingo con la vita. Senza dire grazie alla fortuna. Eppure. Il rumore in fondo all’anima non si placa. Leggero e continuo. E allora essere una vulcanolog­a forse aiuta. O almeno conta. Vicky è la protagonis­ta di Cenere di mandorlo (Mondadori), di Manuela Stefani. Un titolo dove c’è dentro molto della Sicilia, anche se lei vive negli States. La «cenere» dell’Etna, il «mandorlo» che racchiude un’isola. Il posto dove ritornare, prima o poi. C’è una promessa antica e un nome che ha resistito agli anni e ai matrimoni ed è arrivato fino a lei: Lo Presti, Vicky Lo Presti. Storie di migrazione alle spalle. Il terremoto di Messina, la nave che salpa per l’altra parte del mondo. Con un biglietto dove c’è scritto solo andata. Il ritorno è una speranza. Generazion­i che si susseguono e di siciliano resta solo un cognome letto male sui documenti. Sogni che si accavallan­o come le onde di un oceano nemico e malmostoso.

Poi il caso «costringe» Vicky a prendere il primo volo. Partire senza pensarci. Per ritrovare il posto che avevi sempre custodito nell’anima. Senza averlo mai visto. Gli uomini dell’isola che ti respingono e ti attraggono. Più complicati degli americani che prendono sempre la strada più razionale. Il gruppo di scienziati che lavorano con lei sono una squadra per modo di dire. Ognuno corre per sé. E casomai contro gli altri. Leone è il primo, forse l’unico, ad accorgersi di Vicky. Non al punto da farla sentire in famiglia, almeno da non costringer­la a guardarsi sempre Bo Bartlett (1955), Leaving Eden (2002, olio su tela), courtesy dell’artista / Dowling Walsh Gallery, Rockland (Usa)

le spalle. Ugo è il mistero più intrigante. Verrebbe da risponderg­li male, anzi non parlarci proprio. Un uomo cupo e brusco. Senza motivo. E non è neanche misoginia. Ce l’ha a morte anche con Leone, tanto per dire. Ma il motivo c’è. Peccato non sia quello giusto. E Ugo ha tutte le ragioni del mondo (o almeno parecchie) per essere così.

L’avviciname­nto di Vicky è cauto. L’istinto le dice qualcosa. La ragione un’altra. La location aiuta. Per lei che viene da un posto da pagine e pagine su carta patinata del «National Geographic». L’America dei Grandi Laghi, ma anche dei Silenzi Infiniti. Del suo amore Henry, troppo perfetto, troppo bello, troppo atletico. Ecco, troppo. Intanto in Sicilia gli

elementi della natura hanno deciso di darsi da fare. E c’è persino l’Etna che vuole risvegliar­si. Scelte che ti fanno prendere direzioni che non diresti. Henry, anche se è americano, intuisce qualcosa. Ma forse è tardi. O più sempliceme­nte con l’amore non è questione di tempismo. Vicky davanti a un bivio, di quelli che non sbagli mai. Però il rimpianto resta per sempre.

Due uomini che farebbero ogni cosa per lei. Pronti a sacrificar­e vita, carriera, ambizioni. Succede solo quando, per una rarissima congiunzio­ne astrale, i maschi sbattono la porta in faccia al loro egoismo appiccato sull’anima peggio dello sponsor sulla maglia di una squadra di calcio. Vicky deve scegliere. Fuori non se ne viene. Buttarsi tutto alle spalle e sentirsi ancora il peso addosso. Il nuovo inizio è anche una fine di qualcosa che è stato bello. E allora fa ancora male.

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