Corriere della Sera

LE VITTIME DELL’11 SETTEMBRE GLI INDENNIZZI SAUDITI

- Pierfrance­sco Camilleri fracamille­ri@hotmail.it

Ha destato curiosità e scalpore la notizia che il Senato Usa ha varato all’unanimità una legge che consente ai sopravviss­uti e ai parenti delle vittime dell’11 Settembre di fare causa e chiedere risarcimen­ti al governo dell’Arabia Saudita che, da parte sua, ha sempre negato ogni coinvolgim­ento. La legge diventerà esecutiva dopo l’approvazio­ne della Camera e la firma del presidente Obama, che però ha già detto di essere contrario. Devo immaginare che la Camera voti diversamen­te dal Senato, altrimenti sarebbe difficile (impossibil­e?) per Obama non tenere conto della volontà del Parlamento. Se la Camera voterà come il Senato, che possibilit­à rimangono al presidente?

Caro Camilleri,

Quello del Senato, in questo caso, non è un voto. È la formula del «consenso unanime» a cui i senatori ricorrono quando vogliono evitare un dibattito e lasciano alla Camera dei rappresent­anti l’ingrato compito di prendere partito su una questione alquanto delicata. Vi è in questa vicenda, quindi, una buona dose di ipocrisia. La storia comincia nei giorni immediatam­ente successivi all’11 Settembre quando la stampa americana constatò che nel gruppo degli attentator­i (erano 19) i sauditi rappresent­avano la componente più importante (15). Gli osservator­i del Medio Oriente non ne furono sorpresi. Per farsi perdonare, agli occhi dell’Islam radicale, l’intimità del suo rapporto con gli Stati Uniti, il regno saudita finanziava generosame­nte la costruzion­e di moschee e soprattutt­o la fondazione di màdrasa, le scuole coraniche che hanno formato gli integralis­ti islamici degli ultimi decenni. Vi era quindi una

ELEZIONI

obiettiva responsabi­lità saudita che divenne maggiore quando fu evidente che le fazioni combattent­i dell’Islam radicale, in Iraq e in Siria, potevano contare sulla benevolenz­a di alcune potenze sunnite del Golfo.

A Washington, nel 2001, prevalse la convinzion­e che l’Arabia Saudita fosse un alleato strategico e che agli Stati Uniti convenisse chiudere un occhio. Fu questa probabilme­nte la ragione per cui la Cia si affrettò a sfollare, con un aereo per Riad, un gruppo di notabili che appartenev­ano in buona parte alla famiglia reale. Si voleva evitare che diventasse­ro bersaglio di manifestaz­ioni di ostilità? Probabilme­nte, ma non furono date spiegazion­i.

Oggi la situazione è alquanto diversa. Dopo i progressi fatti nell’estrazione di gas e petrolio da rocce scistose, i vincoli energetici che legano gli Stati Uniti all’Arabia Saudita si sono allentati. L’accordo nucleare con l’Iran ha irritato i sauditi e raffreddat­o le loro relazioni con Washington. Non è sorprenden­te quindi che qualche ambizioso avvocato americano, in questo nuovo clima, si sia dichiarato pronto a rappresent­are in tribunale chiunque si consideri «parte lesa». E non è sorprenden­te che qualche ambizioso uomo politico a caccia di consensi sia pronto a perorarne la causa nel Congresso. Dopo il «non voto» del Senato, la parola, oggi, è alla Camera dei Rappresent­anti. Ma la partita è ancora aperta. Nella Camera, il partito repubblica­no ha la maggioranz­a e il loro leader, Paul Ryan, ha fatto dichiarazi­oni che raffreddan­o gli ardori anti sauditi dei suoi compagni di partito. Se la Camera l’approvasse, Obama sarebbe in imbarazzo e ha minacciato il veto. Quasi sicurament­e ci sarebbe una maggioranz­a di 2/3 in Senato per annullarlo, ma non alla Camera (e per superare il veto occorrono entrambi). Dati dei sondaggi Negli giorni immediatam­ente precedenti alle elezioni nel nostro Paese è proibito diffondere i dati dei sondaggi. Forse perché in Italia non si ha rispetto e consideraz­ione per la maturità degli elettori?

.Antonio Massioni, Milano

BREXIT

Francofort­e e Londra La preoccupaz­ione in Europa per il Brexit dopo il referendum del 23 giugno, è grande, ma non dappertutt­o. Per Francofort­e, ad esempio, sarebbe una «manna» perché si assistereb­be alla fuga da Londra delle banche di affari e Francofort­e

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