LE VITTIME DELL’11 SETTEMBRE GLI INDENNIZZI SAUDITI
Ha destato curiosità e scalpore la notizia che il Senato Usa ha varato all’unanimità una legge che consente ai sopravvissuti e ai parenti delle vittime dell’11 Settembre di fare causa e chiedere risarcimenti al governo dell’Arabia Saudita che, da parte sua, ha sempre negato ogni coinvolgimento. La legge diventerà esecutiva dopo l’approvazione della Camera e la firma del presidente Obama, che però ha già detto di essere contrario. Devo immaginare che la Camera voti diversamente dal Senato, altrimenti sarebbe difficile (impossibile?) per Obama non tenere conto della volontà del Parlamento. Se la Camera voterà come il Senato, che possibilità rimangono al presidente?
Caro Camilleri,
Quello del Senato, in questo caso, non è un voto. È la formula del «consenso unanime» a cui i senatori ricorrono quando vogliono evitare un dibattito e lasciano alla Camera dei rappresentanti l’ingrato compito di prendere partito su una questione alquanto delicata. Vi è in questa vicenda, quindi, una buona dose di ipocrisia. La storia comincia nei giorni immediatamente successivi all’11 Settembre quando la stampa americana constatò che nel gruppo degli attentatori (erano 19) i sauditi rappresentavano la componente più importante (15). Gli osservatori del Medio Oriente non ne furono sorpresi. Per farsi perdonare, agli occhi dell’Islam radicale, l’intimità del suo rapporto con gli Stati Uniti, il regno saudita finanziava generosamente la costruzione di moschee e soprattutto la fondazione di màdrasa, le scuole coraniche che hanno formato gli integralisti islamici degli ultimi decenni. Vi era quindi una
ELEZIONI
obiettiva responsabilità saudita che divenne maggiore quando fu evidente che le fazioni combattenti dell’Islam radicale, in Iraq e in Siria, potevano contare sulla benevolenza di alcune potenze sunnite del Golfo.
A Washington, nel 2001, prevalse la convinzione che l’Arabia Saudita fosse un alleato strategico e che agli Stati Uniti convenisse chiudere un occhio. Fu questa probabilmente la ragione per cui la Cia si affrettò a sfollare, con un aereo per Riad, un gruppo di notabili che appartenevano in buona parte alla famiglia reale. Si voleva evitare che diventassero bersaglio di manifestazioni di ostilità? Probabilmente, ma non furono date spiegazioni.
Oggi la situazione è alquanto diversa. Dopo i progressi fatti nell’estrazione di gas e petrolio da rocce scistose, i vincoli energetici che legano gli Stati Uniti all’Arabia Saudita si sono allentati. L’accordo nucleare con l’Iran ha irritato i sauditi e raffreddato le loro relazioni con Washington. Non è sorprendente quindi che qualche ambizioso avvocato americano, in questo nuovo clima, si sia dichiarato pronto a rappresentare in tribunale chiunque si consideri «parte lesa». E non è sorprendente che qualche ambizioso uomo politico a caccia di consensi sia pronto a perorarne la causa nel Congresso. Dopo il «non voto» del Senato, la parola, oggi, è alla Camera dei Rappresentanti. Ma la partita è ancora aperta. Nella Camera, il partito repubblicano ha la maggioranza e il loro leader, Paul Ryan, ha fatto dichiarazioni che raffreddano gli ardori anti sauditi dei suoi compagni di partito. Se la Camera l’approvasse, Obama sarebbe in imbarazzo e ha minacciato il veto. Quasi sicuramente ci sarebbe una maggioranza di 2/3 in Senato per annullarlo, ma non alla Camera (e per superare il veto occorrono entrambi). Dati dei sondaggi Negli giorni immediatamente precedenti alle elezioni nel nostro Paese è proibito diffondere i dati dei sondaggi. Forse perché in Italia non si ha rispetto e considerazione per la maturità degli elettori?
.Antonio Massioni, Milano
BREXIT
Francoforte e Londra La preoccupazione in Europa per il Brexit dopo il referendum del 23 giugno, è grande, ma non dappertutto. Per Francoforte, ad esempio, sarebbe una «manna» perché si assisterebbe alla fuga da Londra delle banche di affari e Francoforte