«Italiani Made in India», un bel viaggio alla ricerca delle radici
Che bel programma! È un docu-reality garbato, pieno di umanità, un viaggio alle ricerche delle proprie radici che ne nasconde un altro, interno, molto più difficile e tormentato. «Italiani Made in India» un prodotto Magnolia per Discovery Italia (Real Time, mercoledì, 22.10).
Un gruppo di giovani indiani di seconda generazione è pronto per affrontare un viaggio che dall’Italia li porterà in India: di quel paese conoscono poco, hanno idee confuse, temono l’impatto. L’India è pur sempre la loro «Heimat», la nostalgia di un’identità territoriale che ora come ora appare slabbrata, confusa, «strappata». Per alcuni ragazzi, quelli adottati, le ferite da ricucire non sono poche. I sei giovani protagonisti si chiamano Aroti, Dolly, Gagandeep, Gagan Padda, Mandeep e Margaret. Qualcuno è nato in Italia, qualcun altro è stato adottato da genitori italiani, altri si sono ricongiunti con i loro genitori che in Italia erano emigrati. Margaret, per esempio, vive nell’entroterra ligure e non si piace, spera che l’India la faccia rinascere una seconda volta. Dice «belan», che è la forma eufemistica di un noto intercalare ligure. Aroti vive a Milano ma ha avuto un rapporto difficile con i genitori italiani e ha vissuto la tragedia di un fratello suicida. Anche Dolly, di Bergamo, non ha avuto vita facile; i genitori sono dovuti tornare in patria per mancanza di lavoro.
Diversi, invece, i ragazzi: più intraprendenti, meno introversi. E proprio l’impatto duro con l’India (a partire dal traffico della capitale Delhi, dalla confusione, dal sentirsi estranei) indirizza il viaggio su due binari. Quello delle dinamiche del gruppo (il più superficiale) e quello del viaggio a ritroso nel tempo, da Calcutta a Mangalore fino a Mumbai. Curiosamente, la messa in onda coincide con un momento in cui i rapporti fra Italia e India non sono dei migliori, con i nervi già tesi per la questione marò e con l’annullamento di tutte le gare vinte da Finmeccanica in India.