Parolo contro gli orfani di Baggio «Scarsi noi? Parliamone alla fine»
«Mancano i talenti? D’accordo, ma qui c’è gente che lavora e magari sorprenderà tutti»
Da quando Baggio non gioca più, come canta Cesare Cremonini, non è più domenica. E non a caso l’Italia gioca domani sera, contro la Finlandia a Verona l’ultima amichevole prima del debutto all’Europeo, che sarà sempre di lunedì, contro il Belgio. La pacca sulla spalla prima della partenza l’ha data Pietro Anastasi, campione d’Europa nel 1968: «È la squadra azzurra meno forte di sempre». Per Demetrio Albertini invece è impensabile «una Nazionale in cui molti giocatori sono riserve nei club o non hanno esperienza internazionale».
Fuori dalle mura di Coverciano l’etichetta azzurro pallido è appiccicata ovunque: improbabile considerare PelléEder una coppia di spessore internazionale, figurarsi se i ballottaggi tra le mezzali Giaccherini-Florenzi-Parolo possono essere un tema di discussione. Alla presentazione televisiva degli azzurri hanno assistito 4 milioni di spettatori, ma fuori ad attendere la Nazionale c’erano una trentina di tifosi: meno che per l’ultimo dei terzini stranieri svenduti nel mercato estivo.
Ma non è che a forza di dare per morta questa Nazionale, le si fa un favore? Marco Parolo, dopo aver parlato di una squadra «senza picchi di talento» raccoglie la provocazione sull’Italia più scarsa di tutti i tempi. E rilancia con intelligenza: «Io di sicuro non sono mai stato considerato un talento puro — spiega il centrocampista della Lazio — ma nella mia carriera ci ho messo sempre tanta voglia di pedalare e sono arrivato fino a qui, dove ho trovato altri ragazzi che si sono affermati grazie soprattutto al sacrificio e al lavoro. Anche Conte da giocatore in fondo era come noi: lo spirito di gruppo che abbiamo e le motivazioni che ci dà il c.t. devono fare la differenza. Se andremo male all’Europeo allora alla fine ci potranno dire che siamo scarsi. Ma magari possiamo sorprendere e far ricredere tutti».
Predestinati, a parte Buffon, De Rossi o Bernardeschi, non ce ne sono molti nell’Italia che «deve prendere ad esempio il miracolo Leicester» come ha detto Emanuele Giaccherini. Del resto in Brasile con Balotelli, Cassano o Cerci l’Italia non ha fatto molta strada. Ma allora il dibattito sulla mancanza di talento non c’era. «Due anni fa — ricorda Parolo, un varesino che preferisce la montagna al mare — c’erano stati più stravolgimenti nel gruppo rispetto a quello che aveva ottenuto la qualificazione. Stavolta, quasi tutti siamo entrati in squadra fin dall’inizio e questo può essere un vantaggio. La griglia dell’Europeo? Francia e Germania sono davanti. Poi ci sono tante outsider. E ci metto anche l’Italia: che ha meno talenti singoli, ma ha una delle difese più forti del torneo».
Ma difesa a parte, dove sono finite le stelle? «C’è un gap generazionale, ma possiamo recuperare in fretta — sottolinea il centrocampista della Lazio —: i giovani da noi sono caricati forse di troppe aspettative e magari non sono così bravi a concentrarsi solo sul proprio percorso. È come se questo mondo, ingigantito dai social network, fosse più grande di loro». Basta sconnettersi, allora. E guardare la foto di Baggio sul salvaschermo.
«Anche Conte da giocatore era come noi, lui ci dà le motivazioni per fare la differenza»