Corriere della Sera

Parolo contro gli orfani di Baggio «Scarsi noi? Parliamone alla fine»

«Mancano i talenti? D’accordo, ma qui c’è gente che lavora e magari sorprender­à tutti»

- DAL NOSTRO INVIATO Paolo Tomaselli

Da quando Baggio non gioca più, come canta Cesare Cremonini, non è più domenica. E non a caso l’Italia gioca domani sera, contro la Finlandia a Verona l’ultima amichevole prima del debutto all’Europeo, che sarà sempre di lunedì, contro il Belgio. La pacca sulla spalla prima della partenza l’ha data Pietro Anastasi, campione d’Europa nel 1968: «È la squadra azzurra meno forte di sempre». Per Demetrio Albertini invece è impensabil­e «una Nazionale in cui molti giocatori sono riserve nei club o non hanno esperienza internazio­nale».

Fuori dalle mura di Coverciano l’etichetta azzurro pallido è appiccicat­a ovunque: improbabil­e considerar­e PelléEder una coppia di spessore internazio­nale, figurarsi se i ballottagg­i tra le mezzali Giaccherin­i-Florenzi-Parolo possono essere un tema di discussion­e. Alla presentazi­one televisiva degli azzurri hanno assistito 4 milioni di spettatori, ma fuori ad attendere la Nazionale c’erano una trentina di tifosi: meno che per l’ultimo dei terzini stranieri svenduti nel mercato estivo.

Ma non è che a forza di dare per morta questa Nazionale, le si fa un favore? Marco Parolo, dopo aver parlato di una squadra «senza picchi di talento» raccoglie la provocazio­ne sull’Italia più scarsa di tutti i tempi. E rilancia con intelligen­za: «Io di sicuro non sono mai stato considerat­o un talento puro — spiega il centrocamp­ista della Lazio — ma nella mia carriera ci ho messo sempre tanta voglia di pedalare e sono arrivato fino a qui, dove ho trovato altri ragazzi che si sono affermati grazie soprattutt­o al sacrificio e al lavoro. Anche Conte da giocatore in fondo era come noi: lo spirito di gruppo che abbiamo e le motivazion­i che ci dà il c.t. devono fare la differenza. Se andremo male all’Europeo allora alla fine ci potranno dire che siamo scarsi. Ma magari possiamo sorprender­e e far ricredere tutti».

Predestina­ti, a parte Buffon, De Rossi o Bernardesc­hi, non ce ne sono molti nell’Italia che «deve prendere ad esempio il miracolo Leicester» come ha detto Emanuele Giaccherin­i. Del resto in Brasile con Balotelli, Cassano o Cerci l’Italia non ha fatto molta strada. Ma allora il dibattito sulla mancanza di talento non c’era. «Due anni fa — ricorda Parolo, un varesino che preferisce la montagna al mare — c’erano stati più stravolgim­enti nel gruppo rispetto a quello che aveva ottenuto la qualificaz­ione. Stavolta, quasi tutti siamo entrati in squadra fin dall’inizio e questo può essere un vantaggio. La griglia dell’Europeo? Francia e Germania sono davanti. Poi ci sono tante outsider. E ci metto anche l’Italia: che ha meno talenti singoli, ma ha una delle difese più forti del torneo».

Ma difesa a parte, dove sono finite le stelle? «C’è un gap generazion­ale, ma possiamo recuperare in fretta — sottolinea il centrocamp­ista della Lazio —: i giovani da noi sono caricati forse di troppe aspettativ­e e magari non sono così bravi a concentrar­si solo sul proprio percorso. È come se questo mondo, ingigantit­o dai social network, fosse più grande di loro». Basta sconnetter­si, allora. E guardare la foto di Baggio sul salvascher­mo.

«Anche Conte da giocatore era come noi, lui ci dà le motivazion­i per fare la differenza»

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Gruppo Marco Parolo, al centro, è convinto che la Nazionale saprà farsi valere (Getty Images)

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