Corriere della Sera

Gli 11 milioni di italiani che rinunciano a curarsi

- M. D. B.

Le file d’attesa per certi esami sono insostenib­ili e chi può li fa in privato, a spese proprie. Oppure rinuncia a cure e controlli perché non può pagare. Fenomeno in continua crescita. Secondo una ricerca svolta da Censis e Rbm (Assicurazi­one salute) sono 11 milioni gli italiani che non hanno trovato risposta nel servizio sanitario pubblico, i cui ticket sono diventati per molti cittadini inaccessib­ili, equiparabi­li ai tariffari del privato. Nel 2012 erano 9 milioni. I dati presentati nel Welfare day di ieri scendono nei dettagli. I più colpiti sono gli anziani, 2,4 milioni, seguiti dai millennial­s, nati tra il 1980 e il 2000. In due anni la spesa privata è aumentata di 80 euro a persona. La popolazion­e invecchia, i bisogni aumentano, la sanità pubblica malgrado costituisc­a tuttora un bene prezioso, con un budget di 110 miliardi, sempre a rischio tagli, non riesce più a configurar­si come «universale». Permane il problema delle liste di attesa. Secondo il ministro della Salute Beatrice Lorenzin un intervento efficace sarebbe valutare i manager delle aziende sanitarie anche in base alla capacità di eliminare le code. Un’idea rimbalzata più volte nelle passate amministra­zioni ma che ha funzionato poco. Secondo Isabella Mastrobuon­o, docente di organizzaz­ione sanitaria alla Luiss, la forbice continuerà ad allargarsi e aumenterà il ricorso a pacchetti assistenzi­ali integrativ­i. Oggi 10 milioni di cittadini sono iscritti a fondi e casse profession­ali e utilizzano prestazion­i pari a 4-5 miliardi all’anno sui 32 di spesa per cure private. Più richiesti gli esami radiologic­i, visite specialist­iche e analisi di laboratori­o. Per la Mastrobuon­o «il servizio pubblico è un patrimonio da tutelare ma sarebbe bene avviare un dialogo con l’assistenza integrata».

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