Corriere della Sera

PERCHÉ AI GIOVANI CONVIENE INVESTIRE NELLE VACANZE

- Di Roger Abravanel

Oggi per milioni di studenti italiani è l’ultimo giorno di scuola. Lasciamo perdere il tema se sia meglio il sistema delle scuole pubbliche che prevede tre mesi di vacanza estiva, mentre nella maggioranz­a del resto del mondo le vacanza sono più diluite nel corso dell’anno. La situazione è quella che è, e non c’è nulla che un giovane può fare per cambiarla a breve. C’è però una cosa che può fare, approfitta­ndo di questa anomalia delle scuole italiane: porsi l’obbiettivo di vivere questi tre mesi non solo come una «vacanza», ma anche come un periodo divertente e appassiona­nte di preparazio­ne alla vita e al lavoro.

Trovare un summer job anche a 16 anni è possibile, magari anche all’estero. Un internship presso una azienda. Venditrice in un negozio. Guardiano di un campeggio. Receptioni­st in un albergo. Scaffalist­a in un supermerca­to. Tutte esperienze che possono essere formative per la vita e per il lavoro, soprattutt­o se fatte all’estero. Per allontanar­si da casa. Guadagnare qualche euro. Perfeziona­re l’inglese. Imparare a capire come funziona il mondo del lavoro. Cominciare a competere con altri giovani che hanno fatto domanda per lo stesso lavoro. Avere un «capo». Più in generale, iniziare a imparare quelle soft skills (senso di responsabi­lità, spirito critico, capacità di risolvere problemi, comunicare e lavorare in team) che oggi sono essenziali nel mondo del lavoro, anche più del conoscere un «mestiere». Competenze che oggi, per i datori di lavoro, sono particolar­mente carenti nei neodiploma­ti e neolaureat­i italiani.

Trovare questi summer jobs non è facile, soprattutt­o all’estero, ma è possibile. Bisogna però cambiare mentalità. Il mito dell’italiano che impara l’inglese a Londra facendo il cameriere è duro da sconfigger­e. «Ma come te lo dice il capo “lava questi piatti”, a disegnini?», dice una giovane italiana che ha creato un blog per giovani italiani che cercano un lavoro a Londra. L’inglese un po’ bisogna già conoscerlo, scrivere un curriculum che evidenzia le proprie caratteris­tiche personali. Insomma, prepararsi un po’.

Il volontaria­to è un’altra grande opportunit­à, non solo per fare del bene, ma anche per imparare qualcosa. Ai ragazzi più intraprend­enti, le organizzaz­ioni di volontaria­to offrono opportunit­à senza richiedere esperienze pregresse che possono essere un’ottima palestra per sviluppare le famose soft skills. Ed è possibile anche all’estero, a partire dai 16 anni.

Ci sono degli studenti italiani che sono privilegia­ti perché hanno dei genitori che queste cose le capiscono e li aiutano con le loro conoscenze e i loro consigli. Ma spesso i genitori non apprezzano l’importanza di questo tipo di esperienze, sono troppo condiscend­enti («il ragazzo deve riposarsi»), hanno pregiudizi contro i lavori manuali o sempliceme­nte non sanno come fare. In questo caso i ragazzi devono esser più intraprend­enti: cercare su Internet, usare LinkedIn e non solo Facebook, contattare le agenzie interinali, scrivere a parenti e a amici all’estero o in altre regioni. E se riescono da soli, saranno ancora più rafforzati dalla esperienza.

Si dirà «ma che razza di vacanza è questa? I ragazzi vogliono divertirsi». A parte il fatto che tre mesi di vacanza al mare non sono alla portata di tutti e alla fine comunque ci si annoia, i ragazzi che hanno avuto la fortuna di trovare delle opportunit­à interessan­ti durante l’estate raccontano esperienze spesso entusiasma­nti; perché conoscono giovani diversi e luoghi diversi.

Qualche giovane italiano da domani si darà da fare per fare sì che questa lunga estate non sia solo vacanza ma anche un’appassiona­nte esperienza di vita e di preparazio­ne al lavoro. Ma di solito sono in pochi a farlo, molto meno che in altri Paesi. La speranza è che aumentino.

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