Corriere della Sera

AXL ROSE, IL ROCKER IN DECLINO CHE SE LA PRENDE CON GOOGLE

- Matteo Persivale

Ventiquatt­ro anni fa rese celebre la tshirt con cui salì sul palco di Wembley, davanti a un miliardo di telespetta­tori che nel mondo seguivano il concerto in memoria di Freddie Mercury: «Kill Your Idols», «Uccidi i tuoi idoli», c’era scritto sopra il volto di Gesù. Axl Rose allora fece scandalo (erano altri tempi), ma ventiquatt­ro anni fa era il leader dei Guns’n’Roses, bello e arrogante, compagno della modella Stephanie Seymour.

Oggi però per uccidere gli idoli basta un fotomontag­gio cattivo, di quelli che abbondano su Internet. Basta una foto recente di Rose, gonfio dopo tanti anni vissuti a tutto volume, i capelli un tempo rossi oggi radi e tinti, e qualche scritta dissacrant­e in sovraimpre­ssione. Magari la parafrasi di una delle sue canzoni più famose: «Portami a Barbecue City» invece di Paradise City, «dove le costolette di maiale sono saporite». «Sweet Pie ‘O Mine», dolce tortina mia, invece di «Sweet Child O’Mine», dolce bambina mia. O ancora: «Ti ricordi gli Anni 80? Me li sono mangiati».

Rose non è più quello di una volta (e neanche noi) eppure una cosa è rimasta uguale: non stava granché allo scherzo da giovane, e oggi pare avere ancora meno senso dello humour. Ha chiesto a Google di rimuovere quelle immagini: tecnicamen­te perché chi le ha postate non ne detiene i diritti, in realtà ovviamente perché non ama rivedersi gonfio e messo alla berlina. Cerca così di migliorare la propria immagine, almeno sul motore di ricerca più usato.

Diritto di critica (satira)? Semplice cattiveria? Internet non è indubbiame­nte un luogo di ritrovo di persone educate, e se si cerca il proprio nome su Google è possibile avere sorprese poco gradevoli.

Su Twitter c’è l’hashtag #Fat Axl che è senza dubbio poco rispettoso (reso ancora più popolare dalla reazione di Rose), quel #AxlCiccion­e non evoca grandeur da rockstar ma il semplice, inesorabil­e passaggio del tempo. Un autore di liriche non meno grande di Axl, il poeta elisabetti­ano Thomas Nashe, scrisse nel 1593 che «la bellezza non è che un fiore / E un giorno verrà divorata dalle rughe». Appassisce come le stagioni della musica, il rock che 25 anni fa riempiva gli stadi e ora — nell’era del trionfo del rap e del pop, in cui le classifich­e sono dominate da Adele, Taylor Swift, Lady Gaga — viene tenuto in vita da artisti invecchiat­i e tramutati in cover band dei propri grandi successi come i settantenn­i Rolling Stones, come il cinquanten­ne W. Axl Rose.

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