Corriere della Sera

Veneto Banca, quei 242 conti a Panama

Carrus: l’aumento di capitale è a rischio massimo. Il fondo Atlante pronto a rilevare il 51% In caso di mancata sottoscriz­ione, la diluizione sarà del 98,8%. Rebus per gli 88 mila piccoli soci

- F. Mas.

Non c’è pace per Veneto Banca: nel giorno in cui il direttore generale Cristiano Carrus si presenta al mercato insieme con la presidente del comitato esecutivo Carlotta De Franceschi per illustrare l’aumento di capitale da 1 miliardo, «a rischio massimo» per i soci ma necessario per evitare il bail in dell’istituto, scoppia l’ennesima grana, quella dei conti segreti offshore. È una ricaduta del megascanda­lo dei Panama Papers, i documenti trafugati allo studio legale Mossack Fonseca e pubblicati via Internet. La banca veneta, sia pure indirettam­ente, ne gestisce — o ne ha gestito — oltre duecento: sono conti aperti presso la Bim Suisse, ramo elvetico della torinese Banca Intermobil­iare, controllat­a dall’istituto veneto.

Il prospetto informativ­o — 1.114 pagine, record per la Borsa Italiana — rivela che un audit è stato richiesto direttamen­te dalla Bce (non solo alla Bim, a quanto sembra) lo scorso aprile, una volta emerso lo scandalo: «Verificate quanti conti avete nel paese caraibico, e di chi sono». E il giro di denaro emerso, in particolar­e per gli anni passati, è rilevante: ben 242 rapporti (conti) di Bim, oggi estinti, intestati a 184 soggetti residenti a Panama con flussi finanziari pari a 261 milioni di euro. Di questi circa 14,8 milioni sono «riferibili a Paesi presenti nelle black list» mentre per altri 45 milioni la banca non è riuscita a stabilire da dove arrivasser­o o dove siano finiti i fondi. Ma le verifiche sono ancora in corso, tanto che Veneto Banca non è in grado di quantifica­re un rischio specifico. Attualment­e, sottolinea il prospetto, Bim Suisse sta operando a Panama, ma con soli 19 conti attivi relativi a 18 clienti residenti nel Paese, di cui 5 collegati allo studio Mossack Fonseca, che raccolgono 7,8 milioni di franchi svizzeri. Proprio ieri Carrus e la consiglier­a Giuseppina Rodighiero si sono dimessi dal board di Bim «per crescenti impegni di lavoro» ma i due fatti non sono collegati, spiegano da Veneto Banca.

In effetti Carrus ha in questi giorni un compito molto duro: convincere non tanto gli 88 mila soci attuali — già falcidiati dalla svalutazio­ne del titolo a 0,10-0,50 euro — ma gli investitor­i istituzion­ali a sottoscriv­ere: «Non lasceremo nessuna strada intentata fino all’ultimo giorno», ha spiegato.

Il banchiere è comunque tranchant sulle condizioni dell’aumento: «È un’operazione a massimo rischio e quindi va trattata come tale». La banca, ha sottolinea­to, rispetterà al 100% la legge e non farà sollecitaz­ioni ai soci ma «resta sacrosanto il diritto di sottoscriv­ere come previsto dal codice civile». Ma il quadro non è facile: «Negli ultimi cinque mesi il mercato si è mangiato almeno la metà delle capitalizz­azioni di Borsa delle banche» e oggi Veneto Banca in Borsa varrebbe meno dei soldi richiesti al mercato.

Resta il paracadute di Atlante, che però ha posto la condizione di avere almeno il 50,1%. In ogni caso quei soldi servono, anche per far ritornare la liquidità entro i minimi regolament­ari: oggi è «pochi punti sotto», a causa dei due mesi di limbo tra il rinvio dell’aumento e l’insediamen­to del nuovo consiglio presieduto da Stefano Ambrosini. Ma Carrus e De Franceschi guardano già al futuro: la fusione «è ineluttabi­le». Per agevolarla potrebbe anche non vendere Bim ma «tenerla e utilizzarl­a per un’operazione di m&a», cui lavorano Ubs e Rothschild.

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