Lamma, dalla scrivania al campo sognando la A Dopo il ritiro, il d.s. Fortitudo a causa degli infortuni dei suoi giocatori torna e vince a 40 anni
Sharapova potesse andare molto peggio. La seconda è di sconcerto per il dilettantismo surreale con cui l’atleta più ricca e celebrata del mondo ha gestito i suoi presunti problemi di salute.
La sentenza parla chiaro: la Sharapova è la sola responsabile dei suoi guai. La tennista russa non ha assunto il famigerato Meldonium con l’intenzione di doparsi (in quel caso avrebbe preso quattro anni) ma ha una «molto significativa colpa» nel non aver verificato con la federazione e i suoi medici la natura dopante del prodotto. Per queste ragioni tornerà a giocare solo il 25 gennaio 2018, perderà 281 mila dollari australiani di premi e 430 punti Wta. La sentenza è appellabile al Tas di Losanna.
Ma oltre ai punti e ai soldi,
A 39 anni, dopo una vita trascorsa segnando canestri con la Fortitudo nel cuore, dopo un sorprendente bronzo europeo nel 2003 con la Nazionale di Recalcati, e soprattutto dopo qualche acciacco di troppo, si può anche decidere di smettere. Più o meno questo pensava, Davide Lamma, quando la scorsa estate ha annunciato il ritiro. Conquistata la promozione in A2, tagliata come da copione la retina del canestro, ha pensato fosse meglio sedersi dietro una scrivania e cominciare una nuova carriera da direttore sportivo, ovviamente a Bologna, ovviamente per la società di cui è stato prima ragazzino del vivaio, successivamente tifoso da gradinata e poi (molto poi, in verità) pure capitano.
Primo incarico da d.s. la riconferma dell’allenatore, Matteo Boniciolli, ingaggiato a febbraio e protagonista della promozione in A2. La squadra sogna il grande salto, gli odiati la Sharapova rischia di perdere la faccia. Cara Maria, perché assumevi il Meldonium, che cura gravi ischemie o problemi cerebrali? « Perché nel 2005, quando soffrivo di raffreddori, infiammazioni alle tonsille e problemi di stomaco me lo prescrisse un medico russo, Anatoly Skalyn. Mi ci portò papà».
Costui le diagnosticò un generico «disordine metabolico» che curò col Meldonium. Quanto ne prendeva Maria? Tantissimo. Fino a un grammo al giorno, prima di ogni match (il doppio negli incontri importanti) e di ogni allenamento. La cura di Skalyn, che prevedeva l’assunzione di ben trenta diversi farmaci (nessuno dei quali dopante, sia chiaro) andò avanti fino al 2012, quando Maria dette un taglio cugini della Virtus in serie A ancora non realizzano che qualche mese più tardi retrocederanno. Tutto procede per il meglio, solo qualche infortunato di troppo. E quando il mercato trasferimenti sta per chiudersi, Boniciolli prende da parte Lamma e suggerisce: «Tesserati anche come giocatore, va’, non si sa mai quello che può succedere». Il d.s. esegue, seppur con la convinzione che si tratti solo di una specie di assicurazione sugli infortuni (altrui). E invece.
Invece succede che alla vigilia dei playoff Jonte Flowers si rompa il tendine d’Achille e che Andrea Rovatti debba farsi operare alla caviglia. E succede che il coach chiami il suo direttore sportivo chiedendogli di tornare a indossare una canotta da basket. Lamma, che ha appena netto ai medicinali e liquidò il russo. Abbandonando il Meldonium? No, continuando a prenderlo (di sua iniziativa, come ammette nell’interrogatorio) senza informare nuovo medico, nutrizionista, fisiatra e i tre dottori che si occupavano di lei. «Lo sapevamo solo io e papà» ha spiegato Maria.
Lei che nelle schede da compilare prima dei controlli dichiarava vitamine e sali minerali non ha mai inserito il fidatissimo Meldonium. Nel 2015, in controlli statistici, ne è stato trovato nelle sue urine a Wimbledon, Singapore e Praga. Nel 2016 (un mese dopo l’inserimento della molecola nella Lista Wada) anche agli Australian Open dove è stata incastrata. Arriva scoordinata su ogni palla, Maria. Anche quando tenta di ribaltare l’incontro