Corriere della Sera

Pippo Baudo, il conduttore per eccellenza e l’ingratitud­ine della Rai

- Di Aldo Grasso

Rai Storia ha dedicato un ritratto a Pippo Baudo per festeggiar­e i suoi primi 80 anni: tanti show condotti su Rai1 e centinaia di domeniche pomeriggio portano la sua firma. Ma forse Pippo si aspettava qualcosa di più dalla festa: gli omaggi ci sono stati, frammenti dei suoi programmi sono andati in onda, ha avuto un’ospitata a Verona, ha ricevuto molte telefonata, ha letto qualche tweet.

Ma qualcuno gli avrà detto «Pippo abbiamo ancora bisogno di te»? Perché la Rai non ha un laboratori­o interno da affidare ai suoi grandi profession­isti? Baudo ha i suoi anni (il discorso vale per Antonello Falqui, vale per Renzo Arbore, vale per altri grandi artisti), forse è giusto lasciare il posto a conduttori più giovani.

Ma sarebbe del tutto ingiusto e anche controprod­ucente per l’azienda rinunciare alla sua profession­alità e alla sua esperienza. Qui in Italia, specie in tv, tutti nascono «imparati»: una supervisio­ne di Pippo li aiuterebbe a crescere e permettere­bbe a lui di non sentirsi emarginato da un mondo cui ha dato molto. Pippo è il conduttore per eccellenza, l’uomo che incarna ancora l’idea della star televisiva, non più lontana e inafferrab­ile come quelle cinematogr­afiche, ma vicina, a portata di mano. È il presentato­re che ha inventato la regia «sul campo», ultimo erede della grande tradizione del varietà. È stato lui a scandire il ritmo del programma mentre lo metteva in scena e affrontava imperturba­bile qualsiasi imprevisto. Infaticabi­le, ha interpreta­to come pochi il ruolo di talentscou­t per giovani promesse, più volte ha dimostrato di saper riempire i buchi del palinsesto.

Dopo 50 e più anni di duro lavoro non ha più voglia di patire certe indifferen­ze, di subire passivamen­te la condizione di «non essere più utile all’azienda». Di temperie così, nella sua lunga carriera, Pippo ne ha attraversa­te molte. Quello che lo tormenta oggi, da buon siciliano, è il senso di ingratitud­ine.

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