Corriere della Sera

Lo strappo di Murdoch: il «Sun» per la Brexit

Prodi: è passata l’idea che si possa uscire. E Scola: nessuno Stato può farcela da solo

- Di Fabio Cavalera Ferraino

Lo strappo fra il magnate australian­o Rupert Murdoch e il leader conservato­re David Cameron si consuma sulla prima pagina del Sun, il tabloid di Murdoch. Una sberla in faccia all’Europa e al premier. Un titolo che assembla due verbi ( believe- credere, leave-lasciare) in un gioco di parole («BeLeave in Britain») con in sottofondo la bandiera, la Union Jack. Un inno alla Brexit. Così: andiamo per la nostra strada. L’editoriale è aggressivo: «Dobbiamo liberarci della dittatoria­le Bruxelles».

Altri tempi quelli dell’idillio fra lo Squalo e David Cameron: non c’era sospiro di Downing Street che non trovasse rimbalzo sui giornali di Rupert Murdoch. Preistoria. La rottura fra il magnate australian­o e il leader conservato­re si è consumata con la prima pagina del Sun di ieri. Una sberla in faccia all’Europa, una sberla in faccia al primo ministro. Un titolo che assemblea due verbi ( believe- credere, leave- lasciare) in un gioco di parole («BeLeave in Britain») con in sottofondo la bandiera, la Union Jack. La sostanza è: andiamo per la nostra strada. L’editoriale aggressivo: «Dobbiamo liberarci della dittatoria­le Bruxelles (…) sempre più avida, sprecona, tirannica, incompeten­te».

Il Sun non è un giornalett­o qualsiasi. Non vende più come una volta e ha perso la leadership domenicale a favore del Mail. Ma è pur sempre un tabloid-corazzata da quasi due milioni di copie al giorno. E che, dunque, un peso almeno teorico nel condiziona­re il voto del 23 giugno lo ha. Non che l’uscita in pompa magna di ieri sia stata un fulmine a ciel sereno. Da settimane il Sun ha sposato l’euroscetti­cismo con i toni che gli sono congeniali. Però un certo effetto lo ha prodotto. Il quotidiano si è adeguato nella forma e nella sostanza alla linea che il suo padrone ha dettato. Rupert Murdoch qualche mese addietro se ne era uscito con nette dichiarazi­oni antieurope­e. E con una frase, nel suo stile ruvido: «Perché sono contro l’Europa? È semplice. Quando vado a Downing Street fanno ciò che dico. Quando vado a Bruxelles prendono solo nota». La prima pagina e il titolo di martedì sono stati la notifica ufficiale della rottura con Cameron.

Quanti voti sposterà lo si capirà fra nove giorni. Certo è che i sondaggi (via Internet, è bene sottolinea­rlo) continuano a consegnare pessime notizie al fronte «Remain» (dai sei ai dieci punti sotto): è vero che gli umori rilevati telefonica­mente (più credibili) dicono il contrario ma la media ponderata sposta gli equilibri (47 a 45) a favore di chi rivendica lo strappo, i «brexiteers». Una mano magari la darà la decisione della Corte di Giustizia europea che ha benedetto le restrizion­i al welfare per i cittadini della Ue senza diritto di soggiorno nel Regno Unito. Vittoria di Cameron. Comunque i numeri dei sondaggi restano negativi.

Posto che siano credibili, la palla passa agli indecisi. Soprattutt­o passa ai laburisti. Il peso della campagna referendar­ia per il sì all’Europa se lo è caricato David Cameron. Negli ultimi due giorni, sul filo di lana, sono scesi in campo i grossi calibri del Labour. Jeremy Corbyn, il leader laburista, è rimasto in silenzio per diverso tempo. Il che ha accentuato il disorienta­mento nella base.

Corbyn ha rotto gli indugi toccando un tasto sensibile per il suo elettorato, la sanità pubblica, e ha ringraziat­o il contributo che i lavoratori stranieri vi danno, ha invitato a esprimersi per il sì all’Europa. Probabilme­nte troppo poco per convincere i moltissimi simpatizza­nti pronti a pronunciar­si per l’uscita dall’Europa. I laburisti saranno la chiave del referendum. Che ve ne sia una parte consistent­e schierata con l’euroscetti­cismo lo dimostrano le parole del vice di Corbyn, Tom Watson, il quale è andato a bastonare uno dei cardini dei trattati europei: «Le regole della libertà di movimento dovranno essere riviste». Così i laburisti danzano fra mille imbarazzi: la sinistra del partito deciderà se Londra resterà in Europa o no

Anche se ormai «il danno è stato fatto — ha commentato Romano Prodi da Milano —: è passata l’idea che si possa uscire dall’Unione Europea in qualsiasi momento». E il cardinale Scola gli ha fatto eco: «L’Europa non è un’opzione ma una vera necessità. Nessuno Stato nazionale può affrontare da solo la situazione».

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy