«Non so che farò al piccolo» L’orrore in diretta Facebook
«Non so ancora che cosa farò di lui». Larossi Abballa ha appena sgozzato un poliziotto e sua moglie. Alle sue spalle, un bambino di 3 anni. L’uomo è circondato dalle teste di cuoio del Raid francese. Sa che sta per morire. L’orrore deve andare in diretta, tutti devono sapere. Ed è per questo che posta l’omicidio su Facebook Live, l’applicazione di streaming online lanciata di recente da Zuckerberg. Cita Orlando, fa una serie di nomi di giornalisti, rapper, agenti da uccidere. Si sente un martire, ha aderito all’appello di Al Adnani, il portavoce dell’Isis. Abballa, strizza gli occhi mentre spiega di essere un fedele di Al Baghdadi. Parla per 13 minuti e 15 secondi. A scoprire il video è il giornalista ed esperto di jihadismo David Thomson. Immagini terribili che sono rimaste online per ore. Poi il profilo viene chiuso. «Stiamo lavorando a stretto contatto con le autorità. Il terrorismo non deve trovare posto su Facebook», fanno sapere da Menlo Park. Ma il jihadismo 3.0 sfrutta ogni mezzo tecnologico a sua disposizione per fare propaganda. Se chiunque può diventare un soldato dell’Isis, appropriarsi del suo testamento video è il passaggio successivo. Amaq, la sedicente agenzia di informazione del Califfato, ripropone il video edulcorandolo. Le immagini dei cadaveri vengono fatte sparire. I fanboy dell’Isis esplodono di gioia su Twitter. Su YouTube vengono postati altri filmati di Abballa mentre guida o immagini della Mecca usate dal terrorista per promuovere il suo servizio di cibo halal. Oggi è Facebook Live. Domani potrebbe essere Snapchat, l’app di messaggistica istantanea che tanto piace agli adolescenti. Non importa su che piattaforma o per mano di chi. L’importante è diffondere l’odio. Mentre noi possiamo solo stare a guardare, impotenti.