Corriere della Sera

«Sbagliato pensare a un lupo solitario A centinaia in Francia sono pronti a colpire»

- @Stef_Montefiori di Stefano Montefiori

«Da anni ormai si usa un’espression­e sbagliata: lupo solitario, si dice di un terrorista che porta a termine un’azione non particolar­mente sofisticat­a. Ma Larossi Abballa non era affatto solitario, come non lo era l’assassino di Orlando che aveva avuto in passato legami con Al Qaeda, e come non lo sono stati tutti gli attentator­i degli ultimi anni, soprattutt­o in Francia. Chiamarli lupi solitari comporta una sottovalut­azione del problema», dice Wassim Nasr, specialist­a dello jihadismo e recente autore di un saggio molto apprezzato, «Etat Islamique, le fait accompli » (Plon).

Larossi Abballa era già stato condannato per terrorismo ma ha potuto uccidere. Ancora una volta gli autori degli attentati sono conosciuti dalle autorità, che però sono incapaci di fermarli. Come è possibile?

«È sorprenden­te fino a un certo punto. Viviamo nello stato di emergenza ma pur sempre in uno Stato di diritto ed è difficile dire che cosa si poteva fare di diverso. Abballa era stato condannato, aveva scontato la sua pena, era schedato e quindi tenuto sotto controllo, le sue telefonate erano ascoltate dai servizi. Ma non si è mai tradito e non ha mai detto nulla che potesse fare pensare alla preparazio­ne di un attentato».

Abballa ha colpito da solo, dopo essersi affiliato allo Stato islamico tre settimane fa. Perché è sbagliato chiamarlo «lupo solitario»?

« Perché nello jihadismo non esistono lupi solitari, ogni terrorista ha contatti, ramificazi­oni, complicità. Il solo lupo solitario negli ultimi anni è stato il norvegese Anders Breivik che con la jihad non ha nulla a che fare. Anche Omar Mateen, omosessual­e represso o no, aveva un amico che si era fatto esplodere per Al Qaeda. Nessuno si sveglia un giorno e decide da solo di fare un attentato invocando lo Stato islamico».

Oggi ci sono due arresti legati a Larossi Abballa.

«Che inoltre conosce persone dell’Isis in Siria. Altrimenti non sarebbe stato qualificat­o “Soldato del Califfato” come ha fatto lo Stato islamico nella rivendicaz­ione. Lo avrebbero chiamato simpatizza­nte, sostenitor­e. Il linguaggio usato è preciso e non casuale».

L’Isis non può mettere a posteriori il marchio su iniziative individual­i?

«Lo Stato islamico non rivendica mai azioni che non lo vedono coinvolto. Per esempio, i capi dell’Isis hanno evitato di rivendicar­e il disastro del volo Egyptair, anche nelle ore in cui tutti parlavano solo di loro. Lo fanno per una strategia politica a lungo termine, cioè vogliono essere credibili, soprattutt­o agli occhi di quelli che cercano di convincere».

Perché ha intitolato il suo libro evocando un « fatto compiuto» a proposito dello Stato islamico?

«Per dire che, qualsiasi cosa accada, sono riusciti a costruire il loro sistema ideologico e politico. Se domani perdono i loro territori in Siria e Iraq, continuera­nno a minacciarc­i. Sono già riusciti a rimettere in discussion­e la libertà di circolazio­ne in Europa. Centinaia di persone in Francia sono pronte a fare quel che ha fatto Abballa. Dobbiamo capire che hanno una visione politica, e ce l’hanno anche quelli che noi chiamiamo, sbagliando, i “Lupi solitari”. Possono essere squilibrat­i o emarginati quanto vogliamo, ma ubbidiscon­o a una logica, a un disegno e a una comunità di intenti».

Queste persone hanno contatti, ramificazi­oni, complici Credere a iniziative di singoli vuol dire sottovalut­are Se l’Isis rivendica è coinvolto Lo fa per una strategia politica a lungo termine: vuole essere credibile

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