Corriere della Sera

Guerriglia a Parigi contro il Jobs act

In piazza in 75 mila fra sirene, bastoni e lacrimogen­i: a fine giornata si contavano 40 feriti e 58 arresti

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE

L’indomani del massacro islamista della coppia di agenti a Magnanvill­e non sarebbe stata la giornata adatta per gridare «un poliziotto, una pallottola» e «tutti detestano la polizia». Eppure sono slogan che i «casseurs» hanno gridato più volte, ancora ieri, nel corso del corteo partito nel primo pomeriggio da place d’Italie e finito sull’esplanade des Invalides, dove l’asfalto è stato divelto per poterne tirare pezzi contro i Crs in tenuta anti-sommossa.

Peccato, come sempre, anche per la stragrande maggioranz­a dei manifestan­ti — pacifici — arrivati a Parigi per la giornata di protesta che il sindacato Cgt si augurava fosse la più grande dall’inizio del movimento contro la riforma del lavoro.

La disparità delle cifre sulla partecipaz­ione fornite dal sindacato e dalle autorità è talmente ridicola da fare invidia alle abitudini italiane. In tutta la Francia si sono mobilitate 125 mila persone secondo il ministero dell’Interno, un milione e 300 mila stando alla Cgt. A Parigi, 75 mila contro un milione. In ogni caso, nella capitale mai così tante persone sono scese in piazza per chiedere il ritiro della legge El Khomri.

Camminando per boulevard Raspail, il punto dove gli scontri sono stati più intensi, con un granata lanciata dalla polizia ad altezza d’uomo e sei manifestan­ti feriti a terra, si aveva l’impression­e che tutti fossero preparati al peggio e stessero recitando il ruolo già deciso da giorni. I poliziotti con le barriere mobili, i camion, gli idranti, e i fumogeni tirati qualche volta in modo non regolament­are. I violenti vestiti di nero, con i passamonta­gna e le sbarre di ferro. I giornalist­i, non pochi con le maschere antigas, i caschi e i giubbotti con la scritta «press», come nelle zone di guerra. E i militanti sindacali, che facevano sventolare le bandiere rosse della Cgt o di Force Ouvrière, e esibivano striscioni contro l’articolo 2, da settimane ormai il cuore dello scontro.

Il premier Manuel Valls ha dichiarato più volte che non tornerà indietro e non lo modificher­à, perché sancire il nuovo primato degli accordi di impresa su quelli di settore Scontri Alcuni manifestan­ti a Parigi mentre entrano in contatto con poliziotti antisommos­sa «significa introdurre più flessibili­tà, permettend­o che lavoratori e imprendito­ri trovino intese caso per caso, in modo da trovare le soluzione più efficaci per tutti». Per Philippe Martinez, leader della Cgt, l’articolo 2 significa invece l’indebolime­nto e la sconfitta definitiva delle lotte dei lavoratori, «che non avranno più alcun potere contrattua­le nazionale, saranno frammentat­i azienda per azienda e quindi in balia dei patron ».

Chi è favorevole alla legge El Khomri dice che è inutile battersi per tutelare lavori che non esistono, meglio provare a creare qualche posto in più e rilanciare l’occupazion­e rinunciand­o a vecchi o nuovi privilegi, come le irrealisti­che 32 ore lavorative alla settimana (nel Paese già delle 35 ore) che fanno parte delle ultime richieste avanzate dalla Cgt.

Chi è contrario contesta il tentativo del governo socialista di soffocare la protesta nei modi più vari: repression­e poliziesca,

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