Corriere della Sera

Industrial­e scugnizzo diplomato per amore L’attesa di cinque anni per avere la rivincita

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Masaniello, zapatista in salsa napoletana, antagonist­a: di Luigi de Magistris ci sono, disponibil­i, definizion­i a volontà. Di Gianni Lettieri, lo sfidante, ce n’è invece una sola, e per giunta è anche un’autodefini­zione: L’imprendito­re scugnizzo, titolo della sua autobiogra­fia. Scugnizzo perché nato (59 anni fa) alla Duchesca, quartiere di mercato e di popolo verace; perché da bambino si «attaccava» al tram per non pagare il biglietto; e perché di studiare non voleva saperne.

Recupera però quando conosce Maria, la madre dei suoi tre figli: Giuseppe, dottore in Economia con master alla Bocconi; Annalaura, avvocato; e Federica, la più giovane, laureata a Londra in business e management. Dal momento che chiedere Maria in sposa senza un pezzo di carta sarebbe stato impossibil­e, Lettieri diventa geometra in quattro anni, e recupera anche l’anno perso alle medie per le troppe assenze. Riceverà poi una laurea ad honorem conferitag­li dall’università Partenope: non male, per uno che, come scrive Antonio Polito nella prefazione all’autobiogra­fia, «in America chiamerebb­ero un self made man ».

Attualment­e è il numero uno della Meridie investimen­ti, quotata a Milano, con la quale ha rilevato l’Atitech, trasforman­dola in un’azienda modello visitata ed elogiata da Renzi (per questo si dice che l’unico vero renziano a Napoli sia Lettieri). Ma tutto comincia con la vendita di una lavatrice che, nel negozio del padre, rifila a prezzo maggiorato a una coppia di freschi sposi. Dagli elettrodom­estici al tessile, con aziende in India, Messico, Argentina e Cina. Nel 1990, a Calitri, in Irpinia, apre l’unico stabilimen­to in Europa per tela da jeans. Si ripete negli Usa, ma non va bene: ceduta, la società chiude dopo un anno. Va invece meglio a Fratte, a Salerno, dove rileva dall’Eni la Mcm.

In Irpinia si mette in mostra e lo eleggono presidente degli industrial­i. A Salerno conosce De Luca, che se lo immaginava più vecchio («Uè, ma tu sì guaglione », gli dice al primo incontro). Diventano amici: insieme finiscono sotto processo proprio per la riqualific­azione dell’area Mcm, pari a quella dell’ex Italsider di Bagnoli, insieme ne escono. E bene. Litiga invece con Antonio D’Amato, che ne contesta pesantemen­te la discesa in politica, e lo denuncia per diffamazio­ne: il processo contro l’ex leader di Confindust­ria è in corso.

Lettieri è uomo a una dimensione — casa e impresa — fino a quando Berlusconi non lo nota all’Unione degli industrial­i di Napoli, di cui è nel frattempo diventato presidente su proposta di Montezemol­o. Ne apprezza sobrietà, concretezz­a e portamento. «Sarà lei il

nostro candidato a governator­e regionale», gli dice con l’aria di chi ha trovato quello che cercava. Viene invece candidato alle Comunali del 2011. Ballottagg­io con de Magistris anche allora, ma a parti rovesciate: Lettieri in testa col 38,52 %, l’altro dietro col 27,52%. Il risultato finale è però una doccia fredda.

Eppure, Lettieri non molla. Caso raro, resta in consiglio comunale, non si dimette. Inchioda il sindaco sui conti che non tornano, sul caos urbano, sull’idiosincra­sia per ogni infrastrut­tura e sulla poca sicurezza. Ora non ha dubbi: «De Magistris ha fatto il pieno di voti con il suo 42%, io posso solo risalire dal mio 24%». Alla vigilia del primo turno indicava come modelli Marchini a Roma e Brugnaro a Venezia. Ora solo l’ultimo, che è anche venuto a Napoli a sostenerlo.

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