L’industria farmaceutica tricolore sfida la crisi e torna a esportare
Guarda all’estero, l’industria farmaceutica italiana: una realtà che, insieme al suo indotto, è orientata verso i mercati internazionali con picchi del 70-90 per cento dei volumi di produzione esportati nel mondo. Un’inversione di tendenza dopo che, fino a un decennio fa, a prevalere era la progressiva delocalizzazione delle attività produttive verso i Paesi asiatici, mentre oggi si torna in Europa, e in Italia. Su questo cambio di rotta, e sui livelli di eccellenza raggiunti dal settore farmaceutico italiano, si sono concentrati gli oltre mille partecipanti al cinquantaseiesimo simposio annuale Afi — l’Associazione farmaceutici industria — che si è tenuto a Rimini. Una tre giorni per confrontarsi tra addetti ai lavori sullo stato delle cose nell’industria farmaceutica italiana: innovazione, ricerca di risorse finanziarie e sostenibilità (ossia garantire un accesso ai progressi della farmaceutica il più possibile paritario a tutta la popolazione) i temi portanti di questa edizione. Ad aprire i lavori, nella sessione plenaria moderata dal presidente di Farmindustria Massimo Scaccabarozzi, è stato il presidente dell’Afi Alessandro Rigamonti. Tra gli interventi anche quello di Claude Farrugia, presidente dell’European industrial pharmacists group (Eipg) presente a Rimini con i vicepresidenti Piero Iamartino e Maurizio Battistini. E a testimoniare l’importanza del contributo italiano nel creare sinergie tra i professionisti dell’industria farmaceutica, l’Eipg ha voluto premiare il presidente dell’Afi Rigamonti per la sua azione all’interno dell’associazione europea. Nata nel 1960, l’Afi riunisce laureati e professionisti del settore farmaceutico e parafarmaceutico, anche attivi nell’università, negli istituti scientifici, negli enti e nelle ditte legate al settore farmaceutico.