Credete sempre (se potete) a uno «skinny italian chef»
«Vieni con me in Italia» è il titolo del suo libro. Che tradotto è diventato: Never trust a skinny italian chef. Insomma, Massimo Bottura ha capito da subito il tema della partita. Partita durissima, che solo uno come lui, con una gran testa dura, riusciva a portare avanti. Ma da ieri può prendersi una giornata libera e dirsi: ce l’ho fatta. Massimo Bottura è il primo italiano a conquistare la vetta dei World’s 50 Best. E non si può che essere tutti orgogliosi. Per una cosa, però, soprattutto, dovremo ringraziare questo 53enne di Modena con la passione per Jimi Hendrix e l’arte contemporanea: aver restituito la cucina italiana alla cucina italiana. Non cancellando niente. Ma ricostruendo. Piatti come Bollito non bollito o Compressione di pasta e fagioli sono l’avant- garde di un passato culinario glorioso tuttavia da tempo imprigionato in se stesso. Lui ha osato quando quasi nessuno lo faceva più. E ha vinto. Ben consapevole che da oggi nel suo ristorante arriveranno da ogni parte del mondo clienti più giovani e traveller di quelli della Michelin (che pure gli ha dato 3 stelle in tempi non sospetti). Bottura ha sfatato il mito della cucina italiana buona per le «vacanze romane» ma quasi mai all’altezza delle competizioni internazionali (dove spesso eravamo snobbati). D’altronde, lo aveva predetto quando Hollande era andato a mangiare all’Osteria Francescana: Italia-Francia 1 a 0. È andata meglio: ItaliaMondo 1 a 0. Da oggi, allora, mi sa che vi conviene sempre credere a uno skinny italian chef (se questo chef si chiama Massimo Bottura).
@angelafrenda