Corriere della Sera

SERVE MAGGIORE TRASPARENZ­A SULLE SOCIETÀ PARTECIPAT­E

- lorenzosal­via di Lorenzo Salvia

Le società partecipat­e sono le 8 mila aziende e aziendine controllat­e dallo Stato, dalle Regioni e dai Comuni. Alcune rappresent­ano un pezzo importante della Repubblica. Altre, soprattutt­o a livello locale, hanno ruoli e funzioni spesso oscure. Quando il dossier finì nelle mani di forbice del commissari­o alla spending review Carlo Cottarelli, venne fuori che una società partecipat­a su tre aveva più consiglier­i d’amministra­zione che dipendenti. Tanti generali, pochi soldati. Alimentand­o il sospetto che a volte non si tratti di aziende al servizio del Paese ma di paracadute per gli esodati della politica. Un ragionamen­to malizioso? Forse. Ma una conferma arriva dalle tabelle depositate in Parlamento dall’associazio­ne dei magistrati della Corte dei conti. L’anno scorso sono stati contestati alle partecipat­e 185 milioni di euro per danno erariale. Soldi che sarebbero stati usati in modo improprio, con le inevitabil­i conseguenz­e per le casse pubbliche. La fetta più grande delle contestazi­oni, il 30%, riguarda proprio il personale: assunzioni irregolari, inquadrame­nti illegittim­i e altro ancora. L’intenzione del governo è di ridurre il numero delle partecipat­e da 8 mila a mille. Un percorso condivisib­ile ma pieno di curve, con un decreto ministeria­le tuttora all’esame del Parlamento. In quel decreto, però, c’è una norma che fa discutere. Di fatto si limita il potere di intervento della Corte dei conti proprio sul danno erariale. L’azione di responsabi­lità per i danni causati alle società pubbliche dai suoi organi di amministra­zione e controllo resterebbe affidata solo al giudice ordinario. Che però ha tempi più lunghi e si può attivare solo su iniziativa degli stessi vertici della società. Cioè di chi avrebbe provocato il danno. Non si rischia che l’anno prossimo quei 185 milioni di danni contestati diventino molti meno?

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