SERVE MAGGIORE TRASPARENZA SULLE SOCIETÀ PARTECIPATE
Le società partecipate sono le 8 mila aziende e aziendine controllate dallo Stato, dalle Regioni e dai Comuni. Alcune rappresentano un pezzo importante della Repubblica. Altre, soprattutto a livello locale, hanno ruoli e funzioni spesso oscure. Quando il dossier finì nelle mani di forbice del commissario alla spending review Carlo Cottarelli, venne fuori che una società partecipata su tre aveva più consiglieri d’amministrazione che dipendenti. Tanti generali, pochi soldati. Alimentando il sospetto che a volte non si tratti di aziende al servizio del Paese ma di paracadute per gli esodati della politica. Un ragionamento malizioso? Forse. Ma una conferma arriva dalle tabelle depositate in Parlamento dall’associazione dei magistrati della Corte dei conti. L’anno scorso sono stati contestati alle partecipate 185 milioni di euro per danno erariale. Soldi che sarebbero stati usati in modo improprio, con le inevitabili conseguenze per le casse pubbliche. La fetta più grande delle contestazioni, il 30%, riguarda proprio il personale: assunzioni irregolari, inquadramenti illegittimi e altro ancora. L’intenzione del governo è di ridurre il numero delle partecipate da 8 mila a mille. Un percorso condivisibile ma pieno di curve, con un decreto ministeriale tuttora all’esame del Parlamento. In quel decreto, però, c’è una norma che fa discutere. Di fatto si limita il potere di intervento della Corte dei conti proprio sul danno erariale. L’azione di responsabilità per i danni causati alle società pubbliche dai suoi organi di amministrazione e controllo resterebbe affidata solo al giudice ordinario. Che però ha tempi più lunghi e si può attivare solo su iniziativa degli stessi vertici della società. Cioè di chi avrebbe provocato il danno. Non si rischia che l’anno prossimo quei 185 milioni di danni contestati diventino molti meno?