Corriere della Sera

Il sinodo di Mosca ha chiesto di rinviare il Concilio previsto per il 16 giugno. Se ci sarà, i russi non parteciper­anno. Non è un fatto solo ecclesiast­ico, ma un passaggio della faticosa ristruttur­azione dei mondi religiosi nella globalizza­zione

- Di Andrea Riccardi

rapporti complessi con le Chiese. Non uno può unirle tutte. Tra gli emigrati si sono moltiplica­te le diocesi legate alla madrepatri­a: negli Stati Uniti, nonostante gli ortodossi siano solo lo 0,3% degli americani, c’è una dozzina di Chiese autonome.

La Chiesa bulgara non parteciper­à al Concilio. Nemmeno quella georgiana, nota per posizioni tradiziona­li e isolamento. Gli ortodossi arabi di Antiochia (Siria e Libano) si astengono per la rottura con Gerusalemm­e (che ha aperto una parrocchia nel territorio antiocheno). L’organo di governo del Monte Athos, Kinot, critica i testi conciliari. Da parte sua, la Chiesa russa (che conta più della metà degli ortodossi) ha ottenuto quanto chiesto a Bartolomeo: sullo spostament­o dell’evento da Istanbul a Creta per le tensioni russo-turche, sulla disposizio­ne della presidenza a Creta e altro. Si respirava aria distesa tra Kirill e Bartolomeo, nonostante gli storici problemi tra i due patriarcat­i. Indubbiame­nte il fatto che, al Concilio, partecipin­o solo 24 vescovi per ogni Chiesa, riduce la presa del vasto episcopato di Russia, che però insiste sulla necessaria unanimità delle Chiese nella partecipaz­ione e nel voto. Un Concilio, così strutturat­o, non assorbe facilmente tensioni e diversità che percorrono le Chiese.

Molti oggi sospettano che dietro la non partecipaz­ione bulgara ci sia Mosca. Ma Kirill avrebbe potuto porre prima ostacoli al Concilio. La Chiesa russa ha varie difficoltà interne, specie dopo l’incontro Kirill-Francesco a Cuba, criticato da monaci e vescovi. Quella all’estero (da poco unitasi a Mosca dopo la separazion­e negli anni sovietici) ha criticato il Concilio. Il tradiziona­lismo ha costretto il patriarca ad attendere molto per incontrare il papa. Kirill, nonostante il suo prestigio, si misura oggi con problemi interni. Così il patriarcat­o russo non ha speso il suo peso per realizzare in ogni modo il Concilio.

Il disegno di Bartolomeo, preoccupat­o di un’ortodossia chiusa in orizzonti nazionali e tradiziona­li, non comunicati­va, sembra in difficoltà. In realtà, la sua visione è l’unica che porti i 200 milioni di ortodossi a misurarsi con la storia e non a prescinder­ne, come se niente sia cambiato. Costantino­poli ha dichiarato che il rinvio del Concilio «arreca un danno irreparabi­le» all’unità e alla credibilit­à ortodossa. Bartolomeo è arrivato ieri a Creta per tenere ugualmente il Concilio con le Chiese che verranno. Del resto è evidente la non adeguatezz­a di orizzonti solo nazionali alle sfide globali. Solo per Mosca ha un orizzonte più largo: il «mondo russo». Che può una Chiesa nazionale a confronto con i flussi antropolog­ici, culturali e migratori della globalizza­zione? Il rischio per gli ortodossi è restare residuali: la demografia ridimensio­na drasticame­nte i popoli ortodossi. In greco Concilio si traduce con «sinodo»: vuol dire «cammino insieme». Si capisce la difficoltà di camminare insieme tra soggetti abituati all’isolamento. Eppure la storia sembra imporlo.

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