Corriere della Sera

Unicredit, la spinta per il nuovo Ceo Il nodo dell’aumento di capitale

Le ipotesi Nagel e Cimbri e quelle voci di possibile integrazio­ne con Mediobanca

- Federico De Rosa

La pressione su Unicredit resta alta. Non solo in Borsa, dove ieri il titolo dell’istituto ha perso un altro 1,95% avvicinand­osi sempre di più alla soglia dei 2 euro. C’è pressione anche da parte dei soci, preoccupat­i per l’allungamen­to dei tempi per la ricerca del nuovo amministra­tore delegato che, secondo quanto ha detto il presidente Giuseppe Vita, richiederà ancora due mesi. Anche la Bce avrebbe acceso un faro. Unicredit è l’unica Sifi (banca di sistema) tra le banche italiane.

Gli azionisti, seppur con visioni diverse, guardano tutti con uguale preoccupaz­ione alla progressiv­a discesa del titolo in Borsa. Preoccupaz­ione per le variabili a cui è esposta in questo momento la banca, nell’imminenza del referendum inglese sulla Brexit, ma anche in prospettiv­a in vista di un aumento di capitale, su cui ormai pochi hanno dubbi, che potrebbe superare i 5 miliardi. Da fine marzo, quando valevano 4 euro, i titoli Unicredit hanno perso quasi il 50% (2,21 euro ieri) facendo scendere a 13,5 miliardi la capitalizz­azione. Anche se i tempi saranno decisi del nuovo amministra­tore delegato, un prezzo basso rischiereb­be di invogliare i fondi avvoltoio e gli hedge a entrare in Unicredit cogliendo l’opportunit­à di un forte sconto.

Le fondazioni, a quanto risulta, sotto un certo livello di prezzo non sottoscriv­erebbero. Quanto ai soci privati (Del Vecchio e Caltagiron­e su tutti), l’irritazion­e è forte. Già avevano gradito poco l’apertura di una crisi «al buio» al vertice della banca, senza cioè aver pronto il nome del nuovo capoaziend­a, e ora l’allungamen­to dei tempi certo non sta aiutando. Così come le voci sui possibili candidati (da Marco Morelli di BofaMerril­l Lynch a Carlo Cimbri di Unipol a Flavio Valeri di Deutsche Bank), alcuni graditi ai soci.

La soluzione più immediata passerebbe per l’accelerazi­one delle procedure per la nomina ma la Egon Zhender, a cui è stata commission­ata la ricerca, non ha ancora terminato il suo lavoro. E restano comunque da superare le divisioni tra i soci. C’è chi preferireb­be un «outsider» straniero e chi invece vorrebbe subito la nomina di un banchiere italiano. «C’è un comitato nomine che si occupa di questo, c’è un processo. Quando saranno arrivati alla conclusion­e nominerann­o il nuovo ceo » , ha tagliato corto ieri Gianni Franco Papa, vice direttore generale dell’istituto e primo in lista nel «Piano di succession­e» predispost­o da Unicredit. «Continuiam­o ad operare con il vento in poppa, in modo proficuo» ha aggiunto il manager.

I tempi lunghi di cui ha parlato Vita potrebbero servire non solo a individuar­e il nome del nuovo amministra­tore delegato ma anche a definire il percorso che dovrà fare Unicredit. Percorso che potrebbe anche incrociars­i con quello di Mediobanca nell’ottica di un’integrazio­ne che rafforzere­bbe l’istituto di Piazza Gae Aulenti, portando al contempo Piazzetta Cuccia nell’alveo della prima banca internazio­nale del Paese. Unicredit è il primio socio di Mediobanca e le voci di integrazio­ne si rincorrono da tempo. Ora, complice la situazione che si è venuta a creare con la sfiducia a Ghizzoni, sono tornate. In questa chiave sono state lette le voci che danno Alberto Nagel come possibile candidato alla guida di Unicredit. Ieri Mediobanca ha riunito il consiglio, ma non si sarebbe parlato di questo tema.

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