Corriere della Sera

Milano / 1 Ambiente, il Fai al fianco del Papa «Il suo coraggio parla a tutti»

- Di Pierluigi Panza

Il 18 giugno del 2015 papa Francesco lanciò un appello per la custodia del mondo con l’enciclica Laudato si’. Il richiamo alla protezione della Terra affonda le radici nel pensiero agostinian­o, ma è una tesi che attraversa anche la riflession­e laica, da quella di Martin Heidegger, che in Costruire, abitare, pensare (1951) riconosce l’essenza dell’uomo nel «prendersi cura del mondo», a quella di William Morris, che in L’arte e la bellezza della terra (1881) fa di ciascun individuo un inquilino del creato responsabi­le della sua bellezza. Proprio l’inglese Morris fu uno dei fondatori delle prime società di tutela del patrimonio artistico, dal cui modello è nato il Fondo per l’ambiente italiano, che ieri ha dedicato una serata ai temi dell’enciclica al cui titolo, tratto dal Cantico delle creature, il Fai è legato per aver recuperato il Bosco di San Francesco ad Assisi.

Con l’enciclica, il Papa aveva rivolto un invito «a rinnovare il dialogo sul modo in cui stiamo costruendo il futuro del pianeta». Invito ripreso dal Fai, che aveva messo a disposizio­ne le pagine del suo sito per ospitare varie riflession­i. Dieci di esse sono confluite nel libro Laudato si’. Conversazi­oni sull’enciclica di papa Francesco 2015/2016, a cura di Pasquale Chessa, presentato ieri sera a Villa Necchi a Milano.

Il Fai e il mondo laico, ad esso legato, hanno promosso questo libro per affermare che quello del Papa non è un grido solo dell’ecclesia cattolica. La quale aveva sollevato il tema già nella Pacem in terris di Giovanni XXIII e lo aveva riattualiz­zato con il discorso del 1971 alla Fao di Paolo VI contro «lo sfruttamen­to sconsidera­to della natura». Il mondo progressis­ta vicino al Fai asseconda le posizioni ecologiste e «anticapita­liste» del Papa sull’argomento, sebbene l’economista Michele Salvati metta in guardia, sottolinea­ndo come «la forza distruttri­ce del capitalism­o liberale sia stata anche creatrice e, scatenando le forze della competizio­ne, abbia creato enorme benessere per una parte dei più poveri».

Ma nel sacro tempio dell’ecologismo colto le riflession­i sull’inquinamen­to globale, sulla cultura dello scarto e sui paradigmi finanziari che doperché minano il sistema sono per lo più a sostegno di Bergoglio. «Per una vera ecologia ci vuole interdisci­plinarità, trasparenz­a e indipenden­za economica e politica — ha scritto e ribadito l’animatrice del Fai, Giulia Maria Crespi —. E quello del Papa è stato un atto coraggioso Tra gli approfondi­menti raccolti anche un poemetto del regista Wim Wenders non ha avuto timore di toccare gli interessi delle multinazio­nali e degli speculator­i». È stato l’utile richiamo «prima che sia tardi» perché, ricordando la storia apocalitti­ca di grandi estinzioni di mammiferi, «l’uomo non si è certo dimostrato il buon selvaggio di Rousseau», ha aggiunto il presidente del Fai, Andrea Carandini, e «l’Homo sapiens deve stare attento a non distrugger­si da solo » . Specie in relazione al consumo delle risorse e alla crescita demografic­a nei Paesi poveri.

I «primi a soffrire dei danni ecologici», ha ricordato infatti l’epistemolo­go Giulio Giorello, «sono proprio i diseredati e gli animali»; dunque uno sviluppo sostenibil­e favorirebb­e anch’essi oltre a far decrescere i Paesi consumisti­ci. Ma è proprio questa «decrescita» invocata da Bergoglio, sottolinea Gad Lerner, il motivo per il quale «molti occidental­i hanno relegato l’enciclica nel campo dell’utopia. Io invece — ha dichiarato il giornalist­a — vedo in essa una dimensione sovversiva, perché osserva il mondo dal basso, non ponendo più l’uomo al centro come nella Genesi ».

Al di là degli aspetti più ideologici, per il direttore di «Reset» Giancarlo Bosetti la funzione di questa enciclica è quella, in realtà, di sostenere il mondo scientific­o: «L’evidenza scientific­a da sola non è sufficient­e a convincere l’opinione pubblica e a condiziona­re le scelte politiche. Ha bisogno che arti e religioni supportino le sue tesi». E l’arte, per Michelange­lo Pistoletto, le asseconda: «L’opera di Francesco è vicina a una forma di arte perché non si fa imprigiona­re dal dogma e noi, quando creiamo, cerchiamo di realizzare una forma simbolica espression­e di libertà».

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