Milano / 2 I due «Savi» di Melotti arrivano in Triennale
La Triennale di Milano, la stessa che celebra quest’anno la svolta della sua XXI edizione, aggiunge un nuovo tassello al suo progetto di memoria: domani a Milano, a due passi dal Palazzo dell’Arte, si inaugura Umbracula, padiglione nato da un progetto di Attilio Stocchi e che al suo interno ospita la mostra After a cura di Antonella Ranaldi (Soprintendente Belle arti e paesaggio) con Fulvio Irace (del Politecnico) in collaborazione con Direzione generale arte e architettura contemporanee e periferie urbane, Segretariato regionale del Mibact per la Lombardia. Una mostra che propone due Savi del gruppo La disputa dei sette savi di Atene di Fausto Melotti, realizzati tra il 1960 e il 1962 per il nuovo Liceo Carducci.
Il padiglione (che al suo interno ospita i totem progettati da Italo Lupi e che si ispira ai gelsi nella sala delle asse al Castello e a certe forme della natura come la spugna, la foglia, l’ombra e la luce) dovrebbe Il Padiglione «Umbracula» alla Triennale
rimanere «in funzione» fino al 12 settembre ma, fin da ora, la speranza è che possa diventare «stabile» al pari dei Bagni misteriosi di De Chirico e del Teatro Continuo di Burri. Proprio sul progetto di memoria insiste il presidente della Triennale Claudio De Albertis: «Sono tracce, quelle rappresentate dai due Savi, che si erano in qualche modo perdute e di cui forse, chi ha oggi meno di trent’anni, nemmeno aveva conoscenza; per questo si tratta di un’operazione importante per Milano, oltre che piena di suggestioni e poesia». Una poesia giocata anche sui colori, visto che, a seconda delle ore del giorno in cui verrà visitato (l’ingresso è gratuito), spiega Stocchi, il Padiglione potrà essere di volta in volta «un po’ bianco, un po’ grigio, un po’ nero».
Il soprintendente Ranaldi ha sottolineato, in particolare, il valore storico dell’operazione: «Abbiamo voluto portare qui i Savi, farli tornare alla XXI Triennale perché i loro prototipi, uguali ma in gesso, erano stati realizzati da Melotti, nella sua prima edizione nel 1936, per la Triennale di Milano». Allora (tra l’altro) erano stati disposti in modo che ognuno fosse rivolto verso l’altro, anche se nessuno sguardo si incrociava. La struttura progettata da Stocchi dialogherà di fatto con l’architettura del Castello Sforzesco e con il verde che circonda il Palazzo. E, come testimonia il suo nome, affiderà un ruolo fondamentale all’ombra perché «non c’è niente di più meraviglioso dell’ombra che gioca con l’architettura».