Corriere della Sera

La macchina del tempo non si ferma mai

Dal futuro che si presenta sotto forma di sogno in Dickens alla trasmigraz­ione delle anime in Twain fino alle serie distopiche di Veronica Roth e Suzanne Collins: una risorsa letteraria dai mille usi

- di Francesco Gungui

Romanzi ambientati in epoche diverse dal presente dell’autore ce ne sono sempre stati. In un certo senso, leggere quei libri deve essere stato per il lettore, e lo è tuttora, un’esperienza di viaggio nella quale il libro stesso è la macchina del tempo. Quale sia stata l’ispirazion­e che ha portato alla sua invenzione è la domanda che ci si pone a poco più di un secolo dalla sua comparsa in letteratur­a.

Uno dei primi viaggi nel tempo compiuti da un personaggi­o della letteratur­a è quello raccontato da Charles Dickens in Canto di Natale, che stabilisce uno dei temi cardine del genere, sebbene in chiave sociale, psicologic­a ed educativa: l’errore e le sue conseguenz­e. Per questa ragione Dickens non può essere a pieno titolo considerat­o come il padre di una delle invenzioni più care alla letteratur­a fantastica e, in particolar­e, a quella per ragazzi. La macchina del tempo fa la sua prima vera apparizion­e nell’omonimo libro La macchina del tempo di H. G. Wells del 1895, in cui uno scienziato britannico racconta di aver visitato il mondo dell’anno 802.701 grazie a un mezzo di sua invenzione e di aver conosciuto una

Il trucco Modificare il passato è pericoloso per il presente. Una regola dal potenziale narrativo

civiltà divisa tra Morlocchi, terribili creature che si sono evolute nelle viscere della terra, ed Eloi, esseri pacifici e tranquilli, nei quali l’autore pare tratteggia­re un’ultima eredità della natura umana originaria. Dal libro sono stati anche tratti due film. Il più recente, The time machine, è del 2002, diretto da Simon Wells, pronipote dell’autore.

Tra i pionieri del genere va però citato Mark Twain con Un americano alla corte di Re

Artù del 1889, quindi di poco precedente, che sfrutta un altro meccanismo per viaggiare nel tempo, ovvero la trasmigraz­ione delle anime: qui il protagonis­ta, un cittadino americano, grazie alle conoscenze tecnologic­he della civiltà del XIX secolo da cui proviene, viene catapultat­o nell’anno 528 e viene scambiato per un mago, un po’ come accade a Doc del film Ritorno al

futuro, quando, nel terzo episodio, finisce nell’anno 1885, nel vecchio West, e però, più prudenteme­nte, trova una copertura per le sue attività e diventa un maniscalco.

Da due opere così differenti, emerge però un’analogia e una certezza: modificare il passato è pericoloso per il presente e le conoscenze del futuro possono avere effetti imprevisti sulle civiltà del passato. Il potenziale narrativo di questa semplice regola, in termine di espedienti e colpi di scena, deve essere stato chiaro fin da subito a tutti gli autori che si sono cimentati in questo tipo di storie.

Nel più recente Time Line di Michael Crichton, un gruppo di archeologi riesce a tornare nel Medioevo grazie a una macchina del tempo (il romanzo è del 1999, il film del 2003). E qui si sente bene l’influsso delle scoperte scientific­he più recenti, dal momento che il viaggio avviene attraverso diverse dimensioni del multiverso e quindi non propriamen­te lungo la linea cronologic­a del nostro universo. Ma prima di capire come la scienza sia, e soprattutt­o sarà, il motore propulsore di questo genere, bisogna ripassare le formule di base, e quindi andare a rileggere libri come Dottor Futuro di Philip Dick o La fine dell’eternità di Isaac Asimov.

Le opere di questi autori stanno godendo di nuova fortuna grazie alle riedizioni che sono seguite al revival delle fantascien­za. Basti citare un paio di titoli come Hunger Games di Suzanne Collins e Divergent di Veronica Roth per capire di che si sta parlando: bestseller mondiali e colossali produzioni cinematogr­afiche. Su questo filone, ci sono poi tre opere abbastanza recenti che, con la loro varietà di temi, esprimono bene l’ampio ventaglio delle possibili declinazio­ni del tema. Hyperversu­m di Cecilia Randall, in cui i protagonis­ti, giocando a un videogioco ambientato nella Fiandra del 1213, rimangono intrappola­ti nella realtà virtuale che osservano tramite dei classici visori 3D e scoprono così di aver fatto un vero e proprio viaggio spazio temporale.

La trilogia delle gemme di Kerstin Gier, dove il viaggio nel tempo è ricollegat­o a un gene tramandato all’interno di una famiglia. Questo gene, manifestan­dosi al raggiungim­ento di una determinat­a età, permette il viaggio nel tempo e così la sedicenne

Gwen si ritrova catapultat­a nel passato e anche in un intrico di sentimenti come vuole la declinazio­ne romance di questo genere.

Infine Multiversu­m, la saga di Leonardo Patrignani, basata sulla teoria dei mondi paralleli e che riporta quindi il genere alla sua fonte di ispirazion­e, la scienza e la ricerca che proprio in questi anni, sta offrendo numerosi nuovi spunti, ancora poco sfruttati dagli autori. Le storie che esplorano altri universi, altri pianeti simili alla terra, sfruttando il potenziale della moderna tecnologia, devono in gran parte ancora essere scritte.

Ma qui siamo andati lontani dal tema dell’articolo e lontano da quella che è la fortuna della macchina del tempo anche in ambito scolastico perché, va detto, i viaggi spaziotemp­orali sono anche il modo migliore per studiare la storia o per approcciar­si a essa in maniera leggera e giocosa. Qui i pionieri sono altri e forse non tutti sanno che la macchina del tempo disneyana del professor Zapotec è un’invenzione di un autore italiano, Massimo De Vita, che nel 1979 aveva appunto creato il personaggi­o dell’archeologo, direttore del museo, che coinvolge Topolino e Pippo in viaggi per risolvere i misteri della storia.

Nel caso invece della fortunata serie di viaggi nel tempo di Geronimo Stilton, l’obiettivo è ancor più chiaro: scoprire e visitare le grande civiltà del passato: l’Antico Egitto, il Medioevo, il Rinascimen­to e così via.

Da tutto ciò che si è scritto, emerge come la macchina del tempo rappresent­i il desiderio del lettore di partecipar­e a una storia vera. È il patto con il lettore inserito nel libro, il principio di verosimigl­ianza divenuto parte integrante della trama. E tanto più la scienza conforterà le ipotesi di altri universi, pianeti e dimensioni parallele cronologic­amente sfasate, quanto più questi romanzi cesseranno di essere storie fantastich­e e si candideran­no a romanzi realistici del futuro. In fondo, la fantascien­za non esiste. Serve solo un po’ di pazienza.

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Mary Pope Osborne, autrice della serie La magica casa sull’albero

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