Corriere della Sera

Le 10 regole di Conte

Tutti le rispettano, perché fanno squadra Tattica, prove sul campo e 119 km di corsa

- DA UNO DEI NOSTRI INVIATI Alessandro Bocci

MONTPELLIE­R L’ultima volta che l’Italia ha vinto 2-0 all’esordio era nel 2006 contro il Ghana, ma Antonio Conte evita accuratame­nte i paragoni con i fantastici campioni del mondo di Marcello Lippi. Anzi, preferisce ricordare una storia più buia e recente, quando due anni fa in Brasile, dopo aver messo sotto l’Inghilterr­a a Manaus, infilammo le sconfitte con Costa Rica e Uruguay tornando a casa. La storia sembra diversa perché dentro il Parc Olympique è nata una stella e l’Europa del calcio osserva, stupita e un po’ invidiosa, la trasformaz­ione del brutto anatroccol­o in un cigno bellissimo.

La Nazionale a più basso contenuto di talento della storia moderna si è ritrovata in una notte fredda e piovosa, quasi d’incanto. La forza di questa squadra di ferro è quasi tutta nel lavoro dell’allenatore, una specie di Rocky Balboa azzurro, colpito da Zaza nell’esultanza del primo gol, ma sempre in piedi, scatenato seppur sanguinant­e. Grinta, forza, rabbia. E un duro lavoro sull’aspetto tattico, tecnico, psicologic­o, fisico (siamo i più vecchi ma quelli che hanno corso di più sino adesso con 119,7 km percorsi).

Conte è così: o si ama o si odia. O gli si vende l’anima o si divorzia. Il gruppo si è affidato al lavoro e alle manie del suo stratega, condividen­do con lui la voglia di riscatto dopo due anni vissuti tra lo scetticism­o. Il segreto di Conte è nel lavoro giornalier­o attraverso dieci regole messe in pratica alla Juventus e perfeziona­te in azzurro. La forza del c.t. è non sottovalut­are Abbraccio Sopra, Emanuele Giaccherin­i abbraccia i compagni della panchina dopo il gol; a sinistra, Antonio Conte (Afp, Reuters) niente e niente dare per scontato. La duttilità della rosa, con giocatori scelti in base alle esigenze tecnico-tattiche, la base di partenza. Giaccherin­i ne è l’esempio: ala, terzino, interno. Ma tutti si spremono: De Rossi è tornato, Eder è rinato, Candreva ha confermato il suo valore. Figli di un dio minore e armati della stessa voglia di emergere. Così sono stati banditi i festeggiam­enti eccessivi «perché nien-

te è stato fatto» ha ricordato l’allenatore sul campo ieri mattina. E da oggi testa, gambe e cuore sulla Svezia. Seguendo le metodologi­e di Conte.

L’analisi del match attraverso le relazioni del fratello Gianluca e della società Sics di Bassano del Grappa, le sedute video giornalier­e, le prove sul campo nel centro Bernard Gasset. Regole dure, un po’ da caserma, ma uguali per tutti e finalizzat­e allo stesso obiettivo: tornare a casa senza rimpianti. «Non so se faremo innamorare gli italiani, di sicuro continuere­mo a sputare sangue», dice il guru che ha acceso la squadra. «La bellezza di questo risultato non è solo la vittoria, ma l’unità del gruppo: avete visto come ha esultato la panchina? Tutti insieme appassiona­tamente, anche chi doveva entrare e non è entrato».

Il riferiment­o è a Zaza, che doveva subentrare a Eder e invece è tornato in panchina a favore di Immobile. Nessun problema: la squadra è unita, si sente, vuole stupire. Il patto è semplice: giocarsela sempre. La promessa, adesso, è non farsi ingannare dalle sirene tentatrici. I compliment­i possono saziare la fame e fiaccare l’anima. Conte non ha paura e tiene tutti sulla corda. Se siete diversi da quelli che sono naufragati in Brasile dimostrate­lo con la Svezia, la sua sfida. Buffon e compagni non vedono l’ora di accontenta­rlo.

Conte Non so se faremo innamorare gli italiani, di sicuro continuere­mo a sputare sangue La bellezza non è solo la vittoria ma l’unità di questo gruppo

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