Corriere della Sera

Giacche, Leo & co. I soldatini scelti del generale Antonio

Il rapporto speciale dell’allenatore con i suoi fedelissim­i

- DA UNO DEI NOSTRI INVIATI Paolo Tomaselli

LIONE La prova che la simbiosi allenatore-squadra è perfetta sta tutta in una simpatica frase, che Antonio Conte urla a squarciago­la nel momento più delicato della la sfida col Belgio: «Vi ammazzo tutti!!!». Solo pochi allenatori si possono permettere la minaccia sistematic­a per tenere sulla corda la squadra. E Antonio, modestamen­te, può. Perché lui ha fornito (e fatto studiare a memoria) il manuale delle istruzioni da sviluppare in campo. E allora ha la facoltà di trattare gli azzurri come una moglie spietata col marito che inevitabil­mente ha sbagliato a montare la cassettier­a dell’Ikea.

Così Emanuele Giaccherin­i, senza scherzare troppo, spiega che «il c.t. ha minacciato di mandarmi a casa a piedi se avessi sbagliato un gol come quello contro la Scozia...». Per Conte, la massima cattiveria è

il simbolo della massima fiducia. Che ripone soprattutt­o negli uomini più fedeli, le sue truppe scelte, quelli che gli devono praticamen­te tutto: il «Giacche» in questo club ristretto è in buona compagnia con Leonardo Bonucci, ma anche con due iscritti più recenti come Graziano Pellé, autore del 2- 0, e l’interista Eder, schierato titolare nonostante l’involuzion­e milanese e capace di non deludere le attese di Conte.

«He’s unique», dice Giaccherin­i alla stampa inglese, avida di dettagli o almeno di aggettivi sul prossimo allenatore del Chelsea. Non è piaggeria, quella del giocatore di proprietà del Sunderland: cosa dovrebbe dire del resto di un tecnico che lo ha voluto alla Juventus dopo appena un anno di serie A col Cesena, che gli ha dato il ruolo di dodicesimo uomo (a volte sottoutili­zzato) per due stagioni e che ha dato in escandesce­nze quando il suo fedelissim­o è stato venduto in Premier League?

È stato lo stesso Conte ai tempi della Juve a ribattezza­rlo «Giaccherin­ho» perché «se fosse straniero avrebbe molto più credito: vale per Emanuele e per tanti altri nostri giocatori».

Leonardo Bonucci quando l’attuale c.t. sbarcò alla Juventus era considerat­o un difensore modesto soprattutt­o in marcatura, reduce da un’annata storta con Delneri. L’impatto con Conte poi è stato traumatico: «Perché ero tornato in cattive condizioni dal viaggio di nozze — ha raccontato Leo col sorriso prima dell’amichevole in Germania — e quindi ci ho messo un po’ a rimettermi in riga. Ma se sono diventato tra i più forti al mondo nel mio ruolo, il merito è tutto suo».

Il lancio di Bonucci è stato uno dei principali tratti del

gioco della Juve contiana: Allegri ha espressame­nte limitato questa risorsa, per abituare la squadra a giocare con la palla a terra. Chissà, forse anche per questo, secondo Leo, «Conte è il miglior allenatore italiano».

La coppia Pellé-Eder è stata battezzata per la prima volta allo Juventus Stadium contro l’Inghilterr­a e nel secondo anno di Conte ha superato quella iniziale, Zaza-Immobile. Pellé può parlare in leccese stretto col c.t., Eder è silenzioso. Ma tutti e due, molto criticati per i pochissimi gol nel 2016, hanno conservato il posto e col Belgio hanno dimostrato di meritare la fiducia di Conte: perché fanno meglio degli altri i movimenti giusti per favorire gli inseriment­i, certo. Ma anche perché devono tutto al c.t.. E in cambio danno sempre qualcosa in più.

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Conte boys Da sinistra in alto, in senso orario: Giaccherin­i, Bonucci, Pellè, Eder

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