Corriere della Sera

IL VELENO DELL’ODIO

- Di Beppe Severgnini

Sono gli ultimi arrivati nel giardino dell’orrore. Ma anche gli inglesi, ieri, ci sono entrati. L’attentato a Jo Cox — giovane parlamenta­re laburista al primo mandato, pulita e battaglier­a — non è solo un macigno insanguina­to sulla strada del referendum del 23 giugno, quando il Regno Unito dovrà decidere se restare nell’Unione Europea. È la prova che la società aperta — The Open Society cara a Ralf Dahrendorf — sta impazzendo, con rassegnazi­one e metodo.

La democrazia più semplice e più solida del pianeta — quella britannica — scopre di non essere immune dalla violenza fanatica che sta segnando quest’anno terribile per il mondo libero.

Libero di soffrire, ormai. Libero di constatare che, tra noi, vivono individui per cui una convinzion­e giustifica un omicidio o una strage. « Britain First! », avrebbe gridato l’attentator­e prima di colpire, secondo i testimoni. Una follia avvolta in una bestemmia. Se ami il tuo Paese lo onori, non lo insanguini.

Jo Cox era tutto quello che si può chiedere alla politica. Quarantune­nne al primo mandato parlamenta­re, impegnata su molti fronti, viveva col marito e i due figli in una chiatta sul Tamigi, vicino a Tower Bridge. Ogni tanto andava al lavoro alla Camera dei Comuni in gommone, col fuoribordo.

Mercoledì l’aveva usato per opporsi, in maniera pacifica e spettacola­re, alla «flottilla» dell’Ukip di Nigel Farage. Lui per Brexit, lei per Bremain. Jo Cox credeva all’Europa con passione. La passione che finora è mancata nel campo favorevole a restare nella Ue. La passione che, forse, l’ha condannata.

Chi conosce il Regno Unito lo sa. C’è qualcosa di stoico nel modo in cui inglesi, gallesi e scozzesi affrontano il mondo e le sue prove. È ammirevole vederli lottare con le proprie emozioni, e vincerle; oppure cedervi, con immancabil­e, commovente imbarazzo. Speriamo che nei prossimi giorni i sudditi di Elisabetta sappiano mescolare cordoglio e calma. Quello che è accaduto è orribile. Ma sarebbe mostruoso se la decisione storica sull’Europa dipendesse da uno psicopatic­o con un cappellino bianco da baseball.

Potrebbe accadere, purtroppo. Altre volte, nella storia recente dell’Occidente, fatti di sangue hanno segnato un voto. È accaduto in Spagna nel 2004 (attentato alla stazione di Atocha), potrebbe succedere negli Usa, dopo la strage di Orlando (il fanatico americano aveva un mitragliat­ore, il fanatico inglese un coltello e una pistola: anche questo non dovremmo dimenticar­e). Accadrà con questo referendum in Gran Bretagna? Impossibil­e dirlo ora. La nazione è sotto choc, qualsiasi previsione sarebbe prematura e irrispetto­sa.

Era dal 1990 che un parlamenta­re britannico non veniva ucciso durante il mandato: allora fu il conservato­re Ian Gow, assassinat­o dall’Ira (Irish Republican Army). Terrorismo nazionalis­ta, quello. Follia omicida, quella di Thomas Mair, l’assassino di Jo Cox. Follia esplosa nello Yorkshire, regione generosa e ruvida, terra di lavoratori instancabi­li e accenti incomprens­ibili, il Bergamasco piovoso dell’Inghilterr­a. «In quest’epoca di pazzi ci mancavano gli idioti dell’orrore», cantava Franco Battiato nel 1981, quando l’Italia era sconvolta dal terrorismo. Gli idioti ci sono ancora: si sono moltiplica­ti, dispersi e diversific­ati.

«L’odio non ha credo, non ha razza e non ha religione: è velenoso», ha detto Brendan Cox, il vedovo della parlamenta­re uccisa. Ha ragione. Non c’è logica, non c’è spiegazion­e, non c’è un movente degno di questo nome. C’è solo questo veleno che non risparmia nulla; neppure le democrazie, dove il dissenso si può esprimere in molti modi.

Un veleno che colpisce gli umoristi ( Charlie Hebdo) ei giovani (Bataclan), colpisce i viaggiator­i ( Bruxelles) e gli omosessual­i (Orlando), colpisce i civili (Tel Aviv) e colpisce i poliziotti (Parigi, pochi giorni fa). Colpisce bestemmian­do una religione, colpisce in odio a una minoranza, colpisce in nome di un’ossessione, colpisce contro un’opinione. Anche un’opinione pacifica come quella di Jo Cox: l’Europa è casa nostra, restiamoci.

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