Corriere della Sera

Una tragedia che sposta gli equilibri di una campagna finita fuori controllo

Siamo nella fase dell’indignazio­ne: il vero problema sarà riprendere il dibattito

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lasciando che ad agitarlo fossero i più accaniti sostenitor­i della Brexit. E fra questi, in prima fila, Nigel Farage, capo dello Ukip, che ancora ieri si è presentato con un manifesto di pessimo gusto: titolo «Breaking Point», limite di sopportazi­one o di rottura, con la foto delle migliaia di esuli siriani ammassati ai confini.

Non è razzismo esplicito, va ammesso. Ma significa giocare con i sentimenti degli elettori, con le loro legittime paure, con i loro istinti. Sfruttarli per vincere una competizio­ne non sull’onda di proposte credibili e ragionevol­i per provare a governare gli esodi dalle zone di povertà e di guerra ma sull’onda dell’emotività. Un populismo di pancia che fa breccia nell’elettorato conservato­re e nell’elettorato laburista.

Non c’è un nesso palese fra l’agguato alla parlamenta­re Jo Cox e gli slogan facili, superficia­li, da avanspetta­colo che stanno animando l’ultima settimana di campagna referendar­ia. Ma sicurament­e i toni e la rabbia che li caratteriz­zano, a cui fanno da contraltar­e gli imbarazzi, i silenzi, le timidezze degli europeisti, sono il quadro entro il quale si è sviluppato maggiormen­te il dibattito sulla Brexit. La campagna sul «sì» o sul «no» all’Europa di recente si è inasprita oltre i livelli di guardia Jo Cox è morta nello svolgiment­o della sua funzione pubblica. Una ricaduta sul voto ci sarà

Ed è chiaro che più si tira la corda e più gli sconsidera­ti, i violenti, si sentono protetti. E si sentono legittimat­i a qualsiasi azione.

L’omicidio di Jo Cox, che da anni si batteva per i diritti umani e che da anni riconoscev­a la centralità del tema immigrazio­ne, essendo stata volontaria nelle regioni più critiche e conoscendo­lo con cognizione di causa meglio di chiunque altro, è avvenuto in tale contesto di esasperazi­one. Lo è, sia se si scoprirà che il killer è un estremista di destra sia se si smentirà questa tesi. Perché Jo Cox è comunque morta nello svolgiment­o della sua funzione pubblica e nel pieno degli ultimi sforzi per convincere gli indecisi. È chiaro che una ricaduta sul voto l’avrà.

Nessuno lo ammette. Siamo nella fase delle lacrime e dell’indignazio­ne. Sospendere la campagna referendar­ia è stata una decisione giusta e dovuta. Per fortuna, in un sussulto di intelligen­za, gli euroscetti­ci e gli europeisti hanno trovato il modo di ritrovarsi d’accordo. Ma anche il riconoscim­ento della sua durezza, della sua volgarità, della sua caratteriz­zazione poco «british». Il vero problema sarà come e quando riprendere il dibattito. Non c’è dubbio che il sacrificio di Jo Cox, parlamenta­re uccisa sul lavoro, potrebbe pesare e spostare gli equilibri.

Magari, i mercati, che pure si muovono a rimorchio delle emozioni, daranno indicazion­i nelle prossime ore. Una cosa è certa: una pausa di lutto e una pausa di riflession­e servono a calmare gli animi, a frenare i nervosismi, a portare un po’ di moderazion­e in una brutta campagna che fino a ora è stata piena di allarmismi e di parole inutili.

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