Corriere della Sera

«Alcuni hanno usato toni e modi estremi E una persona è stata uccisa soltanto per le sue idee»

Il leader dei liberali europei Watson: ritrovare una base democratic­a

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La scientific­a Sul luogo del delitto a Birstall, dove ieri è stata uccisa la deputata Cox. I testimoni hanno raccontato che l’uomo l’ha colpita come una furia (Reuters) deve assolutame­nte ritrovare una base democratic­a».

Il vostro fronte «Remain» sembra in affanno...

« Per noi è un momento molto difficile. Vinciamo negli argomenti razionali e sul piano razionale, nello spiegare il “sì” all’Europa. Ma sul piano delle emozioni, no. Ci manca l’entusiasmo, ci mancano anche i fondi che gli altri invece hanno. La gente ha perso ogni fiducia nel futuro, e in tutta la politica. Le è rimasta la rabbia. Per molti, la rabbia particolar­e di un referendum non necessario, che nessuno voleva».

Chi ha la colpa maggiore di tutto ciò?

«Questo è il tragico fallimento dell’establishm­ent britannico, e naturalmen­te c’è la responsabi­lità di Cameron: non aveva capito quanto alta fosse l’intossicaz­ione portata dal veleno antieurope­o nel Paese, e nel suo stesso partito. Soprattutt­o, lui e i suoi hanno sottovalut­ato un fattore molto importante».

Quale?

«La nascita di un nuovo nazionalis­mo, quello britannico. Prima, c’erano solo i nazionalis­mi irlandese, o scozzese, o gallese. Ma ora, è sempre più forte quello britannico. Quasi certamente, Scozia e Irlanda del Nord voteranno per il “sì” alla Ue: e non sarà un caso».

La molla principale del «no» sarà invece la paura, dicono tutti gli osservator­i. È proprio così?

«Sì. È la paura dell’immigrazio­ne extracomun­itaria, naturalmen­te. Ma anche della globalizza­zione in genere, che viene identifica­ta da molti nella stessa Ue. È il rifiuto del mondo com’è diventato dalla crisi del 2008».

Ha detto che rischiate di perdere la battaglia delle emozioni. Dove sono le maggiori difficoltà?

«Abbiamo problemi soprattutt­o nel convincere le donne: in genere sono più preoccupat­e della vita quotidiana e della propria famiglia, e dunque più influenzab­ili da certe paure che vengono agitate dal fronte pro Brexit, come la concorrenz­a del lavoro extracomun­itario. Poi, ci sono gli anziani: più sono vecchi, e meno sembrano disposti a restare in Europa. È strano, hanno conosciuto la guerra direttamen­te o attraverso i racconti dei loro genitori, ma sembrano averlo dimenticat­o».

E i giovani?

«Il contrario: più sono giovani, e più desiderano restare in Europa. Ma sono meno inclini ad andare alle urne. Ora stiamo puntando soprattutt­o sui social media per raggiunger­li. E sono la nostra grande speranza. Perché nonostante tutti i sondaggi, anche oggi io spero e credo che vincerà il “sì” all’Europa».

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