Corriere della Sera

Istantanee dalla guerra

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In alto, carri armati schierati fuori da Sirte. Sopra, miliziani durante l'Iftar, il pasto che interrompe il digiuno di Ramadan. Sotto, la strada che porta verso la città, una delle tante armi utilizzate e altri miliziani. Sirte si trova a 450 chilometri da Tripoli: l’Isis ne ha preso il controllo facendone il suo bastione in Libia ( Foto di Lorenzo Cremonesi)

«Isis non combatte come i soldati di Gheddafi. Cinque anni fa la nostra preoccupaz­ione maggiore erano i cecchini. Appostati ai piani più alti erano una minaccia continua con i loro fucili ad alta precisione di fabbricazi­one russa. Adesso i cecchini ci sono ancora. Ma a loro si aggiungono i kamikaze individual­i, le autobomba, tutti quei fanatici arrivati dall’estero, abituati a combattere in Siria, Iraq e Afghanista­n, pronti a morire, anzi contenti di farlo. I combattent­i di Isis sono molto più fanatici e infidi. Si mischiano ai pochi civili rimasti e poi ci attaccano alle spalle», racconta Salim Badi, comandante 55enne della Katiba alMughirat, una tra le più forti di Misurata.

Cerchiamo allora di capire come si sta svolgendo la battaglia, tenendo a mente i parametri di cinque anni fa. Oggi come allora dominano due costanti: la difficoltà nel districars­i nella propaganda, oltre alle enormi differenze tra lo scontro urbano e quello in aperto deserto. Il primo aspetto va sottolinea­to. Alle grida di vittoria lanciate specialmen­te dai responsabi­li di Misurata una settimana fa va aggiunto che i combattime­nti potrebbero durare ancora a lungo. «Sirte potrebbe cadere solo alla fine di Ramadan, la seconda metà di luglio», ci ha detto ieri sera Anwar Sawan, uno dei massimi capi del consiglio militare di Misurata. Il quale non lesina critiche all’Italia: «Roma ci promette aiuti a parole. Ma in pratica fa molto poco. Persino il programma di assistenza ai nostri feriti va a rilento. Ne avevamo

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