Strada per strada
chiuso», dice. I responsabili dell’intelligence di Misurata valutano che sino a una settimana fa i militanti di Isis fossero «circa 600». Con quale criterio? «Il numero di capre uccise per il rancio. Una media di 10 al giorno, che sfamano circa 60 uomini ognuna. Ce lo raccontava un nostro agente interno, che però poi è stato scoperto ed eliminato», specificano. Sempre all’ospedale dicono che gli assedianti nell’ultimo mese hanno perso circa 160 uomini, oltre a circa 200 feriti. Sconosciuti però i dati relativi alle perdite di Isis.
Per arrivare alla rotonda di Zafarana occorre risalire la strada principale battuta sui due lati dai cecchini. Qui gli spari sono più fitti. Nell’asfalto segni di proiettili ed esplosioni. Diverse auto colpite sono riverse nel fossato parallelo, attorno sono sparse riserve di munizioni, cibo, bottiglie dell’acqua, coperte e materassi. Il palco in ferro dove Isis decapitava e crocifiggeva le sue vittime è stato completamente divelto. Restano in piedi solo vecchi cartelloni pubblicitari crivellati di proiettili. Le abitazioni attorno paiono gravemente danneggiate. Qui i miliziani vietano qualsiasi fotografia. Più a destra l’ospedale Ibn Zina, che in un primo tempo veniva dato per liberato, Soldati delle milizie fedeli al Governo di Unità Nazionale combattono contro i miliziani dell'Isis, ancora asserragliati nel centro della città costiera. La battaglia è iniziata l'8 giugno ( Foto Afp)
appare invece ben controllato da Isis. Le brigate della rivoluzione hanno utilizzato giganteschi bulldozer per erigere cumuli di terra protettivi. Verso le cinque del pomeriggio i rombi si fanno più frequenti. Sono nervosi i miliziani. Lo stallo e la consapevolezza che l’assedio durerà ancora a lungo non contribuiscono ad alzare il morale. Intanto giunge l’eco di un attentato al posto di blocco di Abu Grein, 120 chilometri più indietro verso Misurata. Una dozzina di combattenti hanno perso la vita. Una notizia che conferma le previsioni più cupe. Isis in fuga si è disperso e raggruppato. Ha ceduto territorio, ma torna alla guerriglia. Le sue pattuglie suicide approfittano del rilassamento dei controlli per Ramadan e s’infiltrano nelle retrovie. La stessa Tripoli, 300 chilometri più a ovest, è a rischio. Sabato un attentato contro il precedente ospedale da campo, 50 chilometri a ovest di Sirte, aveva ucciso uno dei medici più amati dai soldati e causato sconcerto. Non ci sono leggi o convenzioni umanitarie in questa guerra senza prigionieri e anche i medici sono considerati un obbiettivo legittimo.