Il caso D’Alema tra accuse e smentite Il Pd gli chiede un appello pro-Giachetti
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«Sono certo che nelle prossime ore D’Alema farà un appello di voto per Giachetti». Lorenzo Guerini, vicesegretario del Pd, interviene così nella polemica che si è aperta sull’ex presidente del consiglio e le urne romane.
D’Alema avrebbe detto di essere pronto a votare anche «Lucifero», nelle vesti di Virginia Raggi a Roma, pur di buttare giù il premier Matteo Renzi. Immediata la smentita del lìder maximo, che ha negato incontri e dichiarazioni, definendo il tutto «una montatura» e ammettendo solo qualche «battuta da pianerottolo».
Scrive D’Alema: «Continuo a leggere su Repubblica falsità, forzature e valutazioni o prese di posizione pubbliche riportate come se si trattasse di trame e complotti. La volontà, per esempio, di impegnarmi nella campagna referendaria è stata annunciata più volte, l’ultima una ventina di giorni fa in una manifestazione pubblica a Brindisi, di cui gira anche un video. Ho ritenuto, tuttavia, di evitare pronunciamenti proprio per non provocare polemiche e strumentalizzazioni in vista delle amministrative, invitando a concentrarsi sui ballottaggi di domenica prossima».
Prosegue D’Alema: «Non ho tenuto alcuna riunione con la dissidenza socialista, di cui ignoro l’esistenza. È passato a trovarmi Bobo Craxi, che è un vecchio amico. Non ho tenuto alcuna riunione di “fedelissimi” né in Puglia né, in particolare, a Bari. In Puglia sono andato invitato a fare la campagna elettorale del Pd, come può essere testimoniato da tanti cittadini ed esponenti del partito».
Dopo una prima richiesta di Matteo Orfini via Twitter, ieri è stato Guerini a sollecitare D’Alema a impegnarsi pubblicamente a favore di Giachetti: «Ha smentito e questa è la cosa più importante. Sarebbe singolare che un fondatore del Partito democratico potesse pensare di votare per una candidata dei 5 Stelle. Nelle prossime ore credo, anzi ne sono certo, che D’Alema farà un appello di voto per Giachetti».
Ma nelle stesse ore l’ex premier si trovava a Bruxelles, impegnato alla Foundation of European progressive studies (Feps), dove è stato confermato presidente. L’auspicata dichiarazione di sostegno non arriva. Ed è molto probabile che non arriverà prima del voto: «Probabilmente dirà due parole uscendo dai seggi», fanno sapere dal suo staff.
D’Alema smentisce anche, tra le altre cose, di avere «esercitato alcuna pressione» sullo storico dell’arte Tomaso Montanari per convincerlo a entrare
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nella squadra della Raggi. Spiega D’Alema: «Ho parlato con Montanari, di cui sono amico ed estimatore. Mi ha chiesto un consiglio e ho ritenuto di dirgli che un suo impegno per Roma sarebbe certamente positivo per la città».
Montanari conferma la telefonata e dà ulteriori dettagli: «Mi ha chiamato D’Alema, di cui non sono amico. Ho una conoscenza superficiale con lui, abbiamo fatto entrambi la Normale di Pisa e ho pubblicato un pezzo sulla rivista della sua Fondazione. In quei giorni mi hanno chiamano tutti, incuriositi. D’Alema mi ha chiesto se era vero che mi avevano offerto questo posto e cosa ne pensavo. Io gli ho confermato l’indiscrezione, spiegando che non avrei accettato perché sono di Firenze, non di Roma. Lui mi ha invitato a prendere in considerazione la candidatura: “Sei bravo e competente, puoi essere molto utile a Roma”».
Quanto alla Raggi: «Tutti sanno cosa pensa D’Alema. Lui, come me, non è renziano ed è di sinistra. E visto che è palese che Giachetti non vincerà, cosa c’è di strano che provi a far sì che i 5 Stelle si spostino a sinistra?». Nessuna pressione ricevuta: «Una telefonata di D’Alema — scherza Montanari — poteva essere semmai un ottimo motivo per dire di no ai 5 Stelle: se c’è Renzi al potere è anche colpa degli errori della sua generazione».
Raggi, ospite dell’Aria che tira su La 7, commenta così la vicenda: «Non mi fanno piacere né dispiacere queste indiscrezioni. Però mi preoccuperei del fatto che esponenti dello stesso Pd votino contro il loro partito». Replica di Orfini: «La Raggi farebbe bene a preoccuparsi perché non è del Pd ma di un movimento che non sa cosa sia la democrazia. Da noi si discute mentre lei è abituata a prendere ordini».
Pressioni dall’ex segretario? Una sua telefonata poteva essere semmai un ottimo motivo per dire no ai 5 Stelle Se c’è Renzi al potere è anche colpa degli errori della sua generazione