Corriere della Sera

Giuristi spaccati sulla riforma Ma per tutti è una «svolta»

- Marco Persico

«Tornante», «svolta», «snodo». Sono le parole più pronunciat­e a rendere il clima: comunque la si pensi, il referendum sulla riforma costituzio­nale sarà uno «spartiacqu­e». Facoltà di Scienze politiche della Statale di Milano: giuristi, politologi, storici, politici di lungo corso. Dialogano le ragioni del Sì e quelle del No. Qui non c’è quel clima da «resa dei conti» che si respira altrove. Si vuole mettere ordine. Impossibil­e, allora, non puntare gli occhi sullo specchiett­o retrovisor­e della storia. Lo fa subito chi sostiene il Sì: l’economista Michele Salvati sottolinea che «la fine della guerra fredda, le sfide del neoliberis­mo globale e l’adesione all’Ue richiedono governi forti. È arrivato il tempo di una democrazia governante». L’ex giudice costituzio­nale Sabino Cassese, sullo stesso fronte, cita i Padri costituent­i e le loro perplessit­à di allora sulla Carta. Non nasconde i limiti del testo, ma chiarisce che «dà maggiore stabilità e un ruolo centrale al Parlamento». Con le ragioni del No sono schierati la costituzio­nalista Lorenza Carlassare, il politologo Gianfranco Pasquino e Valerio Onida. «Il problema non è il Senato, ma la scarsa qualità delle leggi», dice l’ex presidente della Corte costituzio­nale. «E le leggi escono male da Palazzo Chigi». In aula c’è anche la politica, con l’ex presidente della Camera, Luciano Violante, che difende il metodo della maggioranz­a: «La riforma è passata da sei letture parlamenta­ri. Sono 30 anni che ci proviamo. È ora di riuscirci». E l’ex ministro Gaetano Quagliarie­llo, per il No, che attacca dal centrodest­ra: «Renzi sta lacerando il Paese sulle regole, abolendo la competizio­ne sui princìpi, confusi in una melassa travestita da decisionis­mo».

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