Corriere della Sera

Obama abbraccia le vittime di Orlando «Combattere­mo con forza i terroristi»

La visita del presidente nell’ospedale dove sono ricoverati i feriti del Pulse

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arriva a Orlando alle 12.45 con l’Air Force One. È il nono viaggio nel segno del lutto compiuto dopo una strage. Il leader degli Usa è accompagna­to da due parlamenta­ri: il senatore repubblica­no Marco Rubio e la politiche semi-ufficiali e sport. Per non parlare dei gruppi più estremi, da Pamyat degli anni Novanta al Dpni, poi messo fuori legge, agli skinhead. Uno di questi, tale Maksim Bazylev (detto Adolf) venne arrestato assieme alla sua banda nel 2009 per 27 omicidi a sfondo razziale. Sul suo conto bancario furono trovati 6 milioni di dollari. Chi glieli aveva dati? Ambienti politici? Servizi segreti? Non si è potuto andare oltre le congetture deputata democratic­a Corinne Brown. È il messaggio trasmesso dalla Casa Bianca: il Paese deve restare unito. Le television­i, però, alternano le immagini di Obama e Rubio, fianco a fianco, con quelle di Donald perché in carcere si suicidò subito.

La guerra in Ucraina è servita per affinare la preparazio­ne militare di molti che sono andati, più o meno volontari, ad affiancare i nazionalis­ti indipenden­tisti. Tra questi, diversi componenti del gruppo dei Lupi della Notte, biker selvaggi con i quali ha scorrazzat­o in moto lo stesso Putin. Il loro capo Aleksandr Zaldostano­v, detto il Chirurgo, è stato in Crimea dopo l’annessione, ma Trump, che è tornato ad attaccare l’establishm­ent del partito repubblica­no, minacciand­o di «correre da solo alle elezioni di novembre». Un po’ a sorpresa, invece, la sortita del senatore repubblica­no John McCain: «Barack Obama è direttamen­te responsabi­le perché ha consentito che lo Stato islamico crescesse, rimanendo a guardare». Accompagna­to dal vice Joe Biden, dal sindaco di Orlando, il democratic­o Buddy Dyer e dal governator­e repubblica­no Rick Scott, il presidente si è subito diretto all’Amway Center, dove lo aspettavan­o i sopravviss­uti del massacro e i loro familiari. Poi ha visto anche i poliziotti e i medici che hanno fronteggia­to l’emergenza.

Patience Carter, 20 anni, si è preparata a lungo per incontrarl­o. È ancora su una sedia a rotelle, la gamba bloccata dal tutore. Sabato notte, Omar Mateen le ha puntato contro il fucile d’assalto, mentre era sdraiata sul pavimento del «Pulse». Patience è una ragazza afroameric­ana e ha sentito il killer gridare: «Non ce l’ho con i “black people”». Così si è salvata e ieri ha potuto raccontarl­o al primo presidente «black» della storia che ha chiuso dicendo: «Basta discrimina­re i nostri fratelli e sorelle omosessual­i».

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