PANICO E VIOLENZA SUL PALCOSCENICO DELLA STORIA
Parlano a tutti noi europei i colpi che hanno ucciso la deputata laburista Jo Cox, ieri pomeriggio, al culmine della sua campagna contro la Brexit, l’uscita dalla Ue.
E ci interpellano ben al di là di quella frase rabbiosa che, riferita da due testimoni, dovrebbe far suonare un campanello d’allarme nelle teste di tutti i populisti e demagoghi di casa nostra: «Britain first!», prima la Gran Bretagna. Su quelle parole, che sarebbero state gridate dall’assassino avventandosi contro la Cox nel suo collegio elettorale di Leeds, già si discute, com’è ovvio, banale e prevedibile, litigando sulla loro stessa esistenza e sul loro senso ultimo.
Il gruppo di estrema destra che ha eletto Britain First a propria ragione sociale spara contro la stampa: «Cercano disperatamente di coinvolgerci, noi non c’entriamo», si legge in un sito carico di simbologia fascistoide e di «notizie» tipo «i migranti musulmani bruciano con l’acido cinque ragazzini!». Non sarà la prima né l’ultima polemica insensata, come se ci fosse bisogno di una «rivendicazione» per capire, come se la storia di Jo Cox, ex attivista di Save the Children, impegnata nella difesa dei profughi della guerra siriana, in prima linea per il Remain di Londra nell’Unione, non indicasse una traccia precisa. «L’immigrazione è una preoccupazione legittima ma non una buona ragione per lasciare l’Europa», scriveva Jo nel suo profilo Twitter, ragionando con la forza della moderazione: quel sentimento «churchilliano» che aveva dato impulso alla nazione pure dopo l’attacco islamista del
2005 a Londra, quando gli inglesi coprirono con teli bianchi le scene del crimine, anche per tutelare la dignità delle vittime, anche per non darla vinta in tv ai terroristi, anche per non esacerbare l’animo d’una comunità gravemente ferita.
Tutto questo — dignità, coraggio, ragione — è stato spazzato via dalla Gran Bretagna e dall’Europa dei nostri giorni da una ventata di odio e di panico direttamente proporzionali alle cupe proiezioni sull’aumento dei flussi migratori. Una ventata che, va ricordato, sferza anche gli Stati Uniti dell’outsider Trump, mai così divisi ideologicamente di fronte a un attentato come davanti alla recente strage di Orlando.
Ora la morte di Jo Cox piomba come un colpo di maglio sulla questione della permanenza o meno di Londra nell’Unione Europea, su un dibattito che s’era ridotto a rissa, a scambio di segnali apocalittici, a muro contro muro, con prevalenza nei sondaggi della parte più emotiva, quella della rottura. Ieri la politica britannica ha trovato la decenza — prima di tutti, va detto, il fronte del Leave guidato dall’incendiario Boris Johnson — di sospendere le campagne referendarie mostrando un moto d’orrore infine bipartisan.
Purtroppo l’orrore non basta più, soprattutto quando è postumo. L’assassino di Jo Cox, se le prime notizie sono confermate, parrebbe uno squilibrato che ha sparato con una pistola da museo. Ma il problema è che, in tempi così difficili, gli squilibrati possono pullulare. E la ventata di panico e odio che li proietta sul palcoscenico della storia viene alimentata da quei politici che pensano di avere — grazie a quel panico e a quell’odio — una cambiale da incassare. Non ci sono soluzioni facili di fronte a un fenomeno biblico come le migrazioni. Ma sostenere di averne, mettendo gli ultimi contro i penultimi con slogan perfettamente sovrapponibili a «Britain first», è una pessima idea e spesso una truffa (quasi mai chi ora si fa paladino dei poveri nostrani se n’è preoccupato prima che esplodesse la questione migratoria). Per capire che stiamo camminando tutti su un campo minato basta aprire i siti, anche di giornali italiani, e leggere i deliri complottistici e le infamie che persino la tragedia di ieri può suscitare. Aleggia uno spirito irrazionale da anni Trenta del secolo scorso. Se i populisti — europei e segnatamente italiani — lo capiranno e smetteranno di vellicarlo, il sacrificio di una giovane mamma inglese non sarà stato del tutto inutile.