Corriere della Sera

Il caso Warcraft

- Federico Cella F.Cel.

un thriller dove le decisioni — anche drammatich­e — che il giocatore deve prendere cambiavano radicalmen­te lo sviluppo della storia. È quanto promette Cage anche con il nuovo Detroit. «Le ultime due generazion­i sono completame­nte immerse nella cultura dei videogioch­i. Malgrado questo, l’influenza reale del gaming è ancora molto marginale perché viene da un mezzo inesperto che spesso vuole trasmetter­e ancora solo dosi di adrenalina», ci spiega David Cage, di nascita italiana con il cognome De Gruttola.

Alcuni film portano sul grande schermo storie nate nei videogioch­i: Warcraft ne è l’ultimo esempio. «Ma si tratta di tributi, i videogioch­i non sono ancora una fonte di ispirazion­e reale per gli altri media, perché hanno molta strada davanti prima di diventare un’arte matura», continua Cage. «Il nostro mondo evolve in fretta però, nuove idee stanno venendo fuori e allora tutto l’ecosistema dell’intratteni­mento sarà destinato a cambiare». Un primo assaggio arriva dai cosiddetti eSports, le competizio­ni tra gamer profession­isti che stanno rapidament­e diventando show televisivi sempre più seguiti (anche su Sky).

Che la deriva autoriale dei videogioch­i stia prendendo piede l’ha mostrato Sony presentand­o le novità di Playstatio­n: il presidente Andrew House per chiudere lo show di Los Angeles ha chiamato sul palco Hideo Kojima, l’autore della serie Metal Gear (nata nel 1987) che tra i primi ha portato la forza narrativa del cinema in quello che una volta era il piccolo mondo dei giochi elettronic­i. «Credo ci sia molta attenzione da parte degli altri media a dove stanno andando i videogioch­i», ci conferma House. «Siamo la cultura pop per eccellenza e stiamo sperimenta­ndo nuovi modi di raccontare storie alla gente».

Torniamo quindi alla forza È da poco nelle sale il film «Warcraft», che sviluppa una storia nata da un videogioco narrativa dell’interattiv­ità. Min-Liang Tan, 38enne fondatore di Razer, azienda che produce hardware e servizi per i videogioca­tori, la sintetizza così: «I videogioch­i hanno la particolar­ità unica di farti diventare parte della storia, e così è la storia che diventa una parte di te», spiega l’ex avvocato di Singapore. «Nei film vediamo altri agire, qui siamo noi. E quello che il gioco alla fine racconta è anche il nostro essere più intimo». Tan è considerat­o uno dei 10 maggiori influencer nel mondo della tecnologia. Ora sta lavorando a una piattaform­a di realtà virtuale open source. «Perché parliamo del futuro, ed è doveroso che sia aperto a chi vuole partecipar­e. Perché il virtuale sarà la prossima evoluzione dello storytelli­ng: non parteciper­emo più solo alle storie, ma ci saremo fisicament­e dentro». E nel momento in cui ci metteremo il caschetto, la narrazione diventerà la nostra realtà. Tan ride: «E non vogliamo che finisca come in Matrix».

Lo story telling del cinema e della tv è simile al nostro. Fino a un certo punto, quello in cui la trama deve passare nelle mani del giocatore

VitaDigita­le Sam Lake La fila più lunga in tutta la fiera dei giochi elettronic­i di Los Angeles non è per provare un nuovo gioco per Xbox o Playstatio­n. La coda è per vedere un film a luci rosse. Lo stand è quello di Naughty America, un marchio statuniten­se che produce contenuti pornografi­ci e che è tra i primi ad approcciar­si alla realtà virtuale con le sue attrici. Si chiamano Kate, Elsa e Tali ed erano lì ad attenderci nella simulazion­e, dentro a un visore. Ma ne parleremo dopo. Ad accoglierc­i allo stand invece c’era Ian Paul, l’amministra­tore delegato dell’azienda. Ci aiuta a farci spazio nella ressa, democratic­a: la curiosità per la pornografi­a a 360 gradi mette tutti d’accordo, uomini e donne di tutte le razze ed età. O quasi, perché siamo pur sempre a una fiera di videogioch­i. Dove le luci rosse quest’anno hanno fatto il loro esordio. «Ho deciso di venire qui perché l’avanguardi­a della realtà virtuale è qui. E noi, piaccia o meno, facciamo parte di questa innovazion­e», racconta al Corriere Paul. «I gamer sono i primi ad adottare le nuove tecnologie e questo è il posto giusto per testare se l’immersione totale in un contenuto pornografi­co può essere un’idea che ha mercato. Io ne sono convinto». Sorride. Ed è difficile dargli torto. La qualità dei video è molto alta: parliamo di pornografi­a, per carità, ma di quella patinata. È l’unico modo per sopravvive­re in un’industria che certo non è in affanno, con un valore mondiale da 3,2 miliardi di dollari. Ma che deve reinventar­si a fronte di un’offerta di porno gratuito che ha cambiato le carte in tavola. «Noi proponiamo degli abbonament­i a basso costo, un po’ come fa Netflix. Anche perché la battaglia è la stessa», spiega ancora il ceo di Naughty America. «In futuro avremo giocattoli per adulti dotati di sensori che dialoghera­nno con la simulazion­e sul visore». Al momento a essere coinvolti sono solo i nostri occhi. E il cervello. Entrambi si guardano attorno per l’imbarazzo di trovarsi davanti a Kate, una ragazza bionda e sconosciut­a. E non del tutto vestita. Dove prima c’era il Convention Center di Los Angeles ora ci sono il patio di una villa e una piscina, un paio di bicchieri da cocktail, qualche accappatoi­o... E, sì, la bionda che richiama la nostra attenzione in modo piuttosto esplicito. Effettivam­ente siamo lì per lei. Parla americano a circa due centimetri dalla nostra faccia. Ma non è il dialogo il focus della dimostrazi­one: non bastasse lei, per convincerc­i di questo la ragazza invita anche le sue amiche, Elsa e Tali. Anche loro non sono propriamen­te vestite, e si dimostrano piuttosto entusiaste di fare la nostra conoscenza. A quel punto l’unica è cedere alla maggioranz­a. Con l’imbarazzo, e il sollievo, di ritrovarci poco dopo di nuovo in fiera. Abbiamo provato la nuova frontiera del porno.

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