Il caso Warcraft
un thriller dove le decisioni — anche drammatiche — che il giocatore deve prendere cambiavano radicalmente lo sviluppo della storia. È quanto promette Cage anche con il nuovo Detroit. «Le ultime due generazioni sono completamente immerse nella cultura dei videogiochi. Malgrado questo, l’influenza reale del gaming è ancora molto marginale perché viene da un mezzo inesperto che spesso vuole trasmettere ancora solo dosi di adrenalina», ci spiega David Cage, di nascita italiana con il cognome De Gruttola.
Alcuni film portano sul grande schermo storie nate nei videogiochi: Warcraft ne è l’ultimo esempio. «Ma si tratta di tributi, i videogiochi non sono ancora una fonte di ispirazione reale per gli altri media, perché hanno molta strada davanti prima di diventare un’arte matura», continua Cage. «Il nostro mondo evolve in fretta però, nuove idee stanno venendo fuori e allora tutto l’ecosistema dell’intrattenimento sarà destinato a cambiare». Un primo assaggio arriva dai cosiddetti eSports, le competizioni tra gamer professionisti che stanno rapidamente diventando show televisivi sempre più seguiti (anche su Sky).
Che la deriva autoriale dei videogiochi stia prendendo piede l’ha mostrato Sony presentando le novità di Playstation: il presidente Andrew House per chiudere lo show di Los Angeles ha chiamato sul palco Hideo Kojima, l’autore della serie Metal Gear (nata nel 1987) che tra i primi ha portato la forza narrativa del cinema in quello che una volta era il piccolo mondo dei giochi elettronici. «Credo ci sia molta attenzione da parte degli altri media a dove stanno andando i videogiochi», ci conferma House. «Siamo la cultura pop per eccellenza e stiamo sperimentando nuovi modi di raccontare storie alla gente».
Torniamo quindi alla forza È da poco nelle sale il film «Warcraft», che sviluppa una storia nata da un videogioco narrativa dell’interattività. Min-Liang Tan, 38enne fondatore di Razer, azienda che produce hardware e servizi per i videogiocatori, la sintetizza così: «I videogiochi hanno la particolarità unica di farti diventare parte della storia, e così è la storia che diventa una parte di te», spiega l’ex avvocato di Singapore. «Nei film vediamo altri agire, qui siamo noi. E quello che il gioco alla fine racconta è anche il nostro essere più intimo». Tan è considerato uno dei 10 maggiori influencer nel mondo della tecnologia. Ora sta lavorando a una piattaforma di realtà virtuale open source. «Perché parliamo del futuro, ed è doveroso che sia aperto a chi vuole partecipare. Perché il virtuale sarà la prossima evoluzione dello storytelling: non parteciperemo più solo alle storie, ma ci saremo fisicamente dentro». E nel momento in cui ci metteremo il caschetto, la narrazione diventerà la nostra realtà. Tan ride: «E non vogliamo che finisca come in Matrix».
Lo story telling del cinema e della tv è simile al nostro. Fino a un certo punto, quello in cui la trama deve passare nelle mani del giocatore
VitaDigitale Sam Lake La fila più lunga in tutta la fiera dei giochi elettronici di Los Angeles non è per provare un nuovo gioco per Xbox o Playstation. La coda è per vedere un film a luci rosse. Lo stand è quello di Naughty America, un marchio statunitense che produce contenuti pornografici e che è tra i primi ad approcciarsi alla realtà virtuale con le sue attrici. Si chiamano Kate, Elsa e Tali ed erano lì ad attenderci nella simulazione, dentro a un visore. Ma ne parleremo dopo. Ad accoglierci allo stand invece c’era Ian Paul, l’amministratore delegato dell’azienda. Ci aiuta a farci spazio nella ressa, democratica: la curiosità per la pornografia a 360 gradi mette tutti d’accordo, uomini e donne di tutte le razze ed età. O quasi, perché siamo pur sempre a una fiera di videogiochi. Dove le luci rosse quest’anno hanno fatto il loro esordio. «Ho deciso di venire qui perché l’avanguardia della realtà virtuale è qui. E noi, piaccia o meno, facciamo parte di questa innovazione», racconta al Corriere Paul. «I gamer sono i primi ad adottare le nuove tecnologie e questo è il posto giusto per testare se l’immersione totale in un contenuto pornografico può essere un’idea che ha mercato. Io ne sono convinto». Sorride. Ed è difficile dargli torto. La qualità dei video è molto alta: parliamo di pornografia, per carità, ma di quella patinata. È l’unico modo per sopravvivere in un’industria che certo non è in affanno, con un valore mondiale da 3,2 miliardi di dollari. Ma che deve reinventarsi a fronte di un’offerta di porno gratuito che ha cambiato le carte in tavola. «Noi proponiamo degli abbonamenti a basso costo, un po’ come fa Netflix. Anche perché la battaglia è la stessa», spiega ancora il ceo di Naughty America. «In futuro avremo giocattoli per adulti dotati di sensori che dialogheranno con la simulazione sul visore». Al momento a essere coinvolti sono solo i nostri occhi. E il cervello. Entrambi si guardano attorno per l’imbarazzo di trovarsi davanti a Kate, una ragazza bionda e sconosciuta. E non del tutto vestita. Dove prima c’era il Convention Center di Los Angeles ora ci sono il patio di una villa e una piscina, un paio di bicchieri da cocktail, qualche accappatoio... E, sì, la bionda che richiama la nostra attenzione in modo piuttosto esplicito. Effettivamente siamo lì per lei. Parla americano a circa due centimetri dalla nostra faccia. Ma non è il dialogo il focus della dimostrazione: non bastasse lei, per convincerci di questo la ragazza invita anche le sue amiche, Elsa e Tali. Anche loro non sono propriamente vestite, e si dimostrano piuttosto entusiaste di fare la nostra conoscenza. A quel punto l’unica è cedere alla maggioranza. Con l’imbarazzo, e il sollievo, di ritrovarci poco dopo di nuovo in fiera. Abbiamo provato la nuova frontiera del porno.