LE ACQUE ISPIRATE
IL LAGO D’ISEO E LA FRANCIACORTA SI PREPARANO AL BOOM DI CHRISTO INTORNO, UN TALENTO DA SCOPRIRE The Floating Piers accende i riflettori su un lembo d’Italia famoso per le viti già ai tempi di Virgilio e che prima dell’anno Mille vide impegnate le corti
In questa lingua lacustre incuneata tra le province di Bergamo e Brescia, un’opera d’arte vivrà giusto il tempo di lasciare il suo ricordo. Perché The Floating Piers di Christo (e Jeanne-Claude: il progetto appartiene anche alla mai dimenticata moglie- collega, scomparsa nel 2009) è proprio questo: qualcosa che non è fatto per restare, che non è pensato per morire invecchiando. Ma la passerella che «cucirà» per la prima volta Sulzano e Montisola è piuttosto un presente che permane: anche quando (dopo appena sedici giorni) il ponte/pontile verrà smantellato e riciclato nelle sue raffinate componenti, questo lembo di terra variegata che si raccoglie intorno al lago d’Iseo continuerà a parlarne per anni, forse decenni, ricalcando l’abitudine dei piccoli paesi dove il tempo è scandito dagli avvenimenti che hanno coinvolto tutta la comunità —
«L’anno che la grandine bruciò il raccolto», «Quella stagione in cui i peschi si ammalarono» — e così via.
E in fondo la natura della stessa Franciacorta, appendice meridionale di questa corolla di borghi lacustri, vive di echi lontanissimi. Come il sapore del suo vino, per esempio: di queste viti parlavano già Plinio e Virgilio, mentre le corti monastiche che qui si insediarono, già prima dell’anno Mille compirono pionieristiche opere di bonifica e dissodamento. Queste corti, come quella di Santa Giulia (sapevate che erano prevalentemente femminili?), arrivarono a costituire un vero e proprio sistema economico e sociale imperniato sul fondo e sulla sua coltivazione, facendo del lavoro un prolungamento della preghiera. Quasi giungendo a confondere i due estremi, ora et labora.
Non pregavano tanto, ma lavoravano fino a spezzarsi la schiena gli uomini delle torbiere, gli estrattori del combustibile bruno e odoroso che affiora dopo aver assorbito in sé la memoria di migliaia di anni, saturo d’acqua e corpi di insetti. Questa antichissima pratica estrattiva della Franciacorta, che si è lentamente formata e perfezionata intorno al lago di Iseo, ha profondamente modificato il paesaggio: specchi d’acqua attraversati da camminamenti e passerelle che, se visti dal cortile del monastero di San Pietro in Lamosa, a Provaglio d’Iseo, sembrano un preludio involontario all’opera di Christo. Opera che ne manterrà lo spirito originario. «Non venite qui a cercare chissà quale significato simbolico o culturale: toglietevi le scarpe, camminateci sopra e sentite la carezza dell’acqua sotto ai piedi», ha detto l’artista di origini bulgare presentando The Floating Piers.
Sì, la Franciacorta è un’eco continua di cose che sono passate, alcune anche velocemente, ma che sono vissute appena il tempo di sedimentarsi nei ricordi. Come quando qui, nella sponda bergamasca, intorno al 1513 arrivò Lorenzo Lotto, in fuga da una Venezia dove la peste aveva ucciso Giorgione. Se Brescia, aristocratica e ricca nei commerci delle armi, nutriva grandi ambizioni e alimentava una sua scuola pittorica, Bergamo rimaneva ai margini della scena culturale. Ma Lotto fu una rivoluzione figurativa che si irradiò anche nelle vicinanze: che cos’era quel gusto popolare, antiaulico, persino sgraziato, a tratti, se non il tentativo di fondare una nuova visione dell’arte affine alla mentalità dei pragmatici committenti bergamaschi?
E che cos’era (passando alla gloriosa scuola bresciana) quel linguaggio profondamente avverso alla tradizione classica adottato dal Romanino, quasi coetaneo di Lotto, artista che trasformò le chiese della Val Camonica e dei paesi intorno al lago d’Iseo in piccole cattedrali di gusto popolare? Andate a vedere Santa Maria della Neve a Pisogne, quella che Giovanni Testori definì la «Cappella Sistina dei poveri»: le figure del ciclo di affreschi della Passione sembra che parlino in dialetto.
E parlano in dialetto anche gli abitanti di Iseo accogliendo
in questi giorni, come ogni anno, una serie di premi Nobel dell’economia (l’edizione 2016 vede Angus Deaton, Michael Spence, Joseph Stiglitz) che, nel comune lacustre, danno vita a una Summer School con studenti da tutto il mondo. Non è un vezzo: così come i vignaioli sanno potare, ramare e innestare le viti, così la lingua, qui, è uno strumento, un qualcosa da preservare, oliare, manutenere. E tutto si conserva, come per esempio il Maglio Averoldi, a Borgo del Maglio, un’antica fucina medievale ancor oggi funzionante. Come l’Abbazia di San Nicola a Rodengo Saiano, con il chiostrino rustico quattrocentesco. Come il Castello di Passirano, con i suoi merli ghibellini. Come il Convento dell’Annunciata a Rovato o il Capitolium a Brescia. La passerella di Christo sarà un altro pezzo di questo paesaggio senza età.