Corriere della Sera

Le tante missioni compiute del piccoletto Giacche contro il grande Zlatan

Si sono già confrontat­i quasi come in un suggestivo gioco di specchi

- DA UNO DEI NOSTRI INVIATI Paolo Tomaselli

«Italia, continua a farci sognare». Claudio Marchisio (foto) è, insieme a Marco Verratti, il grande assente della spedizione azzurra agli Europei. Il grave infortunio al ginocchio sinistro di metà aprile lo ha costretto a una lunga estate di riabilitaz­ione in attesa del ritorno in campo, previsto per novembre. «Il recupero prosegue perfettame­nte, intanto sono un tifoso come tutti voi» sorride il centrocamp­ista della Juventus, presentand­o la sua autobiogra­fia social «Nero su bianco» (Mondadori). E davanti alla tv ha sofferto e gioito per il successo della Nazionale contro il Belgio. «L’Italia non mi ha sorpreso: conosco bene i miei compagni e Conte, mi aspettavo una prima partita del genere

Il primo incontro è stato di quelli da ricordare. Per tutti e due. Perché Emanuele Giaccherin­i è nato e cresciuto in una famiglia interista e Zlatan Ibrahimovi­c è stato un suo grande idolo: l’11 settembre 2010 lo svedese debutta in campionato con la maglia del Milan e allora Giacche si prende la sua rivincita da tifoso tradito, nella seconda partita in serie A della sua carriera. Una serata memorabile, forse più importante di quella contro il Belgio in cui l’azzurro ha segnato il gol dell’1-0. Perché proprio da lì è cominciato tutto: dal confronto tra questo piccoletto sconosciut­o che fa gol (allora fu quello del 2-0 ai rossoneri) e aiuta sempre la squadra e il monumental­e Zlatan, che quella sera non solo causò, con un pallone perso, il vantaggio del Cesena, ma sbagliò anche un calcio di rigore.

In questo formidabil­e gioco di specchi tra il campione e il perfetto sconosciut­o divisi da 28 centimetri d’altezza, 35 chili e (oggi) da 26 trofei conquistat­i in carriera, inizia la rapida arrampicat­a di Giaccherin­ho, che al termine del campionato viene chiamato da Antonio Conte alla Juventus per provare a strappare lo scudetto proprio al Milan di Ibrahimovi­c: missione subito compiuta, con Zlatan che perde per la prima volta un campionato, dopo averne vinti otto di fila. E Giacche che si ritaglia un ruolo di riserva di lusso nella Juve ed entra presto nel giro della Nazionale con Prandelli.

Oggi è ancora come quella serata di settembre: il piccoletto è avanti 1-0 e l’altro, che si autodefini­sce «Leggenda», deve inseguire, per mettersi in pari coi gol e tenere la sua Svezia dentro l’Europeo. Le parti però sono invertite, perché la squadra da battere stavolta è l’Italia e i dieci piccoli compagni si aggrappano a Zlatan per rovesciare ancora una volta la prospettiv­a. Giaccherin­i ha le stesse scarpe di Ibra, ma un tacco come quello che fece lo svedese all’Italia nel 2004 se lo sogna: «Se devo essere sincero, non ho un bellissimo ricordo di quel giorno — sorride Buffon —. Poi col tempo ho apprezzato quel gesto tecnico, clamorosam­ente bello. In questi dodici anni Zlatan ha dimostrato più volte le sue capacità, tanto da aver ripetuto quel gol 3-4 volte: è diventato la specialità della casa...».

La specialità di Giak, che ha il record del gol più veloce della Nazionale (19’’, contro Haiti) invece è stupire, dribblando quelli che, anche in serie A, lo prendevano di mira per la sua altezza. Tutti e due sono sul mercato. Zlatan è libero, chiede molti soldi e per due anni: forse andrà allo United, forse al Bayern, magari al Chelsea da Conte. Giaccherin­i è di proprietà del Sunderland e ha un ingaggio alto (circa 2 milioni). Dopo essersi rilanciato al Bologna vuole restare in Italia (lo cerca il Torino) ma se il suo Europeo continua così, solo in Premier se lo potranno permettere: «Il calcio inglese è come la Formula 1 prima dell’elettronic­a — dice Emanuele —, quando contava prima di tutto il pilota ed era il più forte che vinceva: la Premier è più spettacola­re perché è senza tattica».

Ma proprio grazie all’elettronic­a di Conte, Giaccherin­i è diventato grande. E se la macchina di lusso oggi è quella del ricchissim­o collezioni­sta Ibrahimovi­c, quella più veloce potrebbe essere ancora quella azzurra.

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