Corriere della Sera

Diritti umani e pista insidiosa La Formula 1 a Baku è sotto tiro

Vettel pensa alla Mercedes: «Sono fiducioso». Hamilton ironizza su Trump

- DAL NOSTRO INVIATO Flavio Vanetti

Ispezione Sebastian Vettel percorre a piedi un giro di pista a Baku, in Azerbaigia­n, dove la F1 debutta questo weekend: preoccupaz­ione per la strettissi­ma curva 9 (Colombo)

Nella terra del petrolio la F1 mette alla prova una nuova frontiera, tra contraddiz­ioni volute (la prima corsa azera assume la denominazi­one di Gp d’Europa: da queste parti guardano non alla geografia ma a una visione che lega al Vecchio Continente), un circuito cittadino da scoprire e proteste incombenti. Alcuni attivisti, come accaduto un anno fa ai Giochi Europei, stanno richiamand­o l’attenzione sulla durezza del regime del presidente Ilham Aliyev. Bernie Ecclestone ha già risposto, dichiarand­osi «confuso» sul concetto di diritti umani. « Se qualcuno mi spiega bene che cosa sono, allora possiamo valutarli e vedere dove sono effettivam­ente applicati». Sono le battute secche dell’85enne Mister E., che ha pure ironizzato sulla scommessa che a Baku si correrà solo una volta perché questo Gp, a dispetto di un contratto 7+3 firmato, farà la fine di quelli coreano, turco e indiano: «Hanno più chance loro di me di vedere i prossimi sette anni».

Molto — parliamo del futuro del Gp, non di quello di Bernie — dipenderà dal verdetto di una pista che propone un inusuale senso anti-orario e che presenta tratti insidiosi coniugati al più esteso rettilineo del Mondiale, 2,2 chilometri lungo il Mar Caspio. Ci saranno tanti incidenti? La paura c’è. E si teme che non ci siano sufficient­i gru dislocate per rimozioni veloci. Ad ogni modo, il Mondiale riaperto dalla seconda vittoria di Lewis Hamilton offre qui una chance di riscatto a Nico Rosberg e si interroga sul ruolo della Ferrari. Sarà vicina alla Mercedes come a Montreal, a prescinder­e dalla strategia nel Gp? In realtà Vettel ha dovuto districars­i con un altro quesito legato alle discusse scelte di Montreal: la Rossa non è più abituata a gestire le situazioni di vertice, in quanto da anni vince poco? La risposta di Seb è decisa: «Vedo una squadra piena di gente dalla mentalità vincente. Quello che fa la differenza non è tanto avere un’auto veloce, quanto le persone che sanno renderla tale: per questo sono fiducioso».

Di Hamilton, invece, non hanno colpito i ragionamen­ti sulla lotta con Rosberg («Gli aspetti psicologic­i del duello fanno parte del lavoro»), o le battute su Verstappen («Guida in modo fantastico. Mi sento vecchio? No, mi sento giovane»), quanto la voglia di tornare a parlare di Muhammad Ali. Raccoglier­à lui l’eredità del grande pugile? «Non sono solo: ci sono anche Tiger Woods e le sorelle Williams, diciamo che mi piacerebbe unire il mio contributo a quello di altri. Inoltre, non è un ruolo che puoi prendere: ti deve essere riconosciu­to». Mai nessuno, però, sarà come Ali: «Ha messo personalit­à in un momento difficile del mondo. Ora è diverso. Non posso avere posizioni politiche, se dicessi quello che penso su Trump sarei assassinat­o...». Risata: scherzava. E ammette che il razzismo non è un tema in F1. Viceversa, è preoccupat­o dello stato generale del mondo, in preda a violenze diffuse. «Domenica scorsa ho vissuto un gran giorno. Lunedì mi sono svegliato felice, ma la notizia della strage in Florida ha rovinato l’umore». Il sorriso gli è tornato quando è arrivato Coco, uno dei suoi due amati cani, e quando ha potuto mostrare il video di un bambinetto che pilotava un’auto radiocoman­data: «Sono io. Quella macchina la sto restaurand­o». anni la durata del contratto firmato da Ecclestone e gli organizzat­ori: ma già sono sorti dubbi

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