Russia ai Giochi? La Iaaf lavora al compromesso Sotto le pressioni politiche, a Rio potrebbe essere ammessa una quota di atleti «puliti»
A certi lussi, i dirigenti dell’atletica internazionale non rinunciano: nei momenti delicati meglio dormire sonni tranquilli. Quindi poco importa se servono fino a 2 mila euro per passare una notte al Grand Hotel di Vienna, dove oggi il governo della Iaaf deciderà se riammettere o meno la Russia alle competizioni internazionali dopo la sospensione «per doping conclamato » dello scorso novembre. Per stabilire, quindi, se la corazzata ex sovietica (che sul tartan ha conquistato 17 medaglie a Londra 2012) può partecipare ai Giochi di Rio o se invece resterà nel limbo per non aver Squalificate Savinova e Poistogova a Londra 2012 (Afp) adempiuto alle direttive dell’Agenzia antidoping (Wada), perché la verità sul disastro farmacologico è lontana e l’idea di doping di Stato sempre più concreta. Non aiutano la causa russa il profluvio di casi recenti (vedi alla voce meldonium) e i postumi dello scongelamento dei campioni di urina delle ultime due Olimpiadi.
I 27 consiglieri-votanti sono ben assortiti: ex atleti di fama, dignitari di corte arabi, militari africani di alto lignaggio, uomini politici asiatici. E un’italiana: Anna Riccardi. A novembre la decisione fu univoca (22 per la sospensione su 23 presenti), oggi tutto è più complicato. A chiedere la riabilitazione sono gli atleti (in primis la diva del salto con l’asta Yelena Isinbayeva) che firmano appelli, le autorità russe che vogliono «salvaguardare gli sportivi puliti» minacciando ricorsi e sottovoce lo stesso Cio che, pilatescamente, chiede il pugno duro contro il doping ma trema all’idea dei guai diplomatici derivanti dall’eventuale embargo. Contro tutti c’è la Wada, che ha appena consegnato alla Iaaf una relazione terribile: da novembre ad oggi gli ispettori antidoping sono stati messi nella condizione di non effettuare ben 736 test, hanno registrato 52 positività e 111 «mancate reperibilità» con ripetute «fughe» di atleti dai campi di gara, tentativi di corruzione o minacce da parte di uomini dei servizi segreti ai funzionari Numero uno Sebastian Coe, 59 anni, ex stella dell’atletica inglese, è presidente della Iaaf dall’agosto 2015 (Afp) incaricati degli esami. Un disastro. Forti anche le pressioni politiche contro la riammissione. A Lord Coe il parlamento britannico (in giorni di tensioni con i russi per motivi calcistici) rammenta la sua contiguità con l’ex presidente Iaaf Diack, la cui famiglia chiudeva gli occhi sul doping russo in cambio di denaro. Messo sotto accusa da «Panorama», settimanale d’inchiesta della Bbc, per aver «tollerato la corruzione», ieri Coe ha replicato vantandosi di aver ideato la Commissione Etica che ha sollevato lo scandalo. Nelle ultime ore si è fatta avanti l’idea di un «pass parziale» per atleti dal passato senza macchia disposti a sottoporsi a controlli di ogni tipo prima e durante i Giochi. Una mostruosità. Ma per uscire dalla palude potrebbero servire regole speciali.