«Coppie in attesa 2»: Ambra regala epicità alla consuetudine
Non sono molte le case di produzione in Italia che hanno un marchio di fabbrica, un’immediata riconoscibilità, una matrice che contiene tratti distintivi rintracciabili nei vari programmi. È il caso di «Coppie in attesa 2», la docu-fiction prodotta da Stand By Me in collaborazione con Rai Fiction, quest’anno condotta da Ambra Angiolini (Rai2, martedì, 21.10).
Qui si parla di gravidanze, ma se ne parla come in «Sfide», con una voce guida che conduce da un caso all’altro; i protagonisti sono «sconosciuti», ma a loro modo eroi di un fatto eccezionale; la quotidianità si trasforma, grazie a una narrazione che tende a regalare un po’ di epicità alla consuetudine. Insomma, dopo poche inquadrature si sente subito la mano di Simona Ercolani.
La seconda stagione segue le storie di nove famiglie italiane prossime ad accogliere l’arrivo di un figlio. Ci sarà anche un caso di genitorialità adottiva. Nella prima puntata la storia che mi ha colpito di più è quella tra Martina e Antonio. Sono ancora ragazzi, hanno 19 anni, li unisce l’immaturità. Vivono un rapporto a distanza fra Cagliari e Reggio Emilia, dove lui fa il calciatore. L’attesa del piccolo Diego, non «pianificato», fa uscire allo scoperto tutta la fragilità della coppia: lei soffre di scarsa autostima (ma dove imparano queste parole?), lui si trova di fronte a un evento più grande di lui. Fa più commedia all’italiana il rapporto fra i quarantenni Micaela e Rocco: alla gravidanza ci sono arrivati con qualche difficoltà, aspettano due gemelli e la cosa di cui discutono continuamente è come chiamarli. Il tratto comune di tutte le storie sono i tempi d’attesa (ognuno li vive secondo il proprio carattere), i repentini cambi d’umore (ovviamente per motivi diversi fra uomini e donne), i nuovi stati d’animo cui vanno incontro, «sconosciuti» anche questi. Di mamma ce n’è una gamma, diceva Guido Almansi, e anche di padri.
E anche di storie di maternità.