Corriere della Sera

L’ex investigat­ore di Mani pulite e gli altri «Ho perso tutto, anche il mio lavoro»

Tra le vittime del crac. Gli psicologi: in Veneto c’è una categoria di nuovi poveri

- dal nostro inviato Andrea Pasqualett­o

Faceva il comandante dei vigili a Mussolente, profondo Veneto dell’Alto Vicentino, aveva 180 mila euro in banca e sognava un pezzo di terra per i suoi figli dopo trent’anni di onorato servizio. Il mondo di Franco Alberton è crollato: ora nel conto ha 187 euro, soffre di attacchi d’ansia, è stato sospeso dal lavoro e il pezzo di terra rimane un sogno. Il motivo? «Banca Popolare di Vicenza, mi hanno rovinato», scuote la testa nella sua casetta di Rossano Veneto, camminando sulle stampelle dopo 40 giorni di ospedale per via di un nuovo malanno: «Sono svenuto e caduto: triplice fattura alla gamba destra. Non sono più io».

Il calvario di Alberton, 57 anni, ex carabinier­e pluridecor­ato, già comandante a Varese e membro della polizia giudiziari­a di Mani pulite, ha una data d’inizio: 28 aprile 2015. «Il giorno in cui mia moglie mi disse che avevano svalutato le azioni della Popolare da 62,5 a 48 euro (poi il titolo precipiter­à per lui fino a 0,10 euro, ndr). Lì avevo messo tutto, 180 mila euro, i risparmi di una vita di sacrifici, mia, dei miei genitori e di uno zio che abitava con noi. Quella notte non riuscii a dormire e il giorno dopo ho avuto un infarto e sono finito all’ospedale». Da allora non ha più ripreso servizio.

Prima del malore aveva chiamato la banca furioso. «Perché a me non interessav­a speculare e gliel’avevo detto chiaro: “Davide, ma sto proprio sicuro?”. “Ma come ti permetti! Ma stai scherzando!”, diceva lui. Ecco il risultato». È volata qualche minaccia. Il giorno dopo bussarono alla sua porta i carabinier­i locali, amici suoi, per delicatezz­a in borghese: «Franco, dissero, ci dispiace tanto, ma dobbiamo eseguire un ordine: ci devi dare la pistola». Gli fecero vedere il provvedime­nto: « . .. il 29 aprile ha più volte espresso esplicite minacce di morte nei confronti di più persone».

Con le azioni della Pop Vicenza precipitav­a anche la vita di Alberton. Finito in cura al Centro di salute mentale di Bassano, è stato sospeso dal lavoro perché giudicato dalla Commission­e medica regionale Tni, temporanea­mente non idoneo. «Incredibil­e, proprio lui che è sempre stato un uomo mite, giusto e colto — dice l’avvocato e amico Umberto Brotto —. Ricordo gli encomi, primo alla scuola allievi sottuffici­ali dell’Arma, 60/60 alla maturità classica, il massimo dei voti a Filosofia e la Divina commedia a memoria».

Caso drammatico, il suo, ma non unico. Sono migliaia gli azionisti veneti travolti dal crac delle banche storiche di riferiment­o. «Stiamo parlando di 220 mila soci, 117 mila della Pop Vicenza e 88 mila di Veneto Banca. Questa è un’apocalisse finanziari­a perché ha lasciato sul lastrico un popolo di piccoli risparmiat­ori. Alla fine il tracollo avrà una dimensio-

ne di oltre 300 miliardi di euro con 23.750 aziende coinvolte», stima Patrizio Miatello, presidente del coordiname­nto di 12 associazio­ni che raggruppan­o oltre 10 mila soci. Sono operai, artigiani, piccoli imprendito­ri, tutti correntist­i che vedevano in queste banche radicate sul territorio un salvadanai­o. Molti hanno perso tutto e per vergogna e dignità o per salvare i mutui che hanno in piedi non lo vogliono dire. In ogni paese dell’area ci sono decine di famiglie disperate. «È una categoria

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