Corriere della Sera

Uno sgambetto ai più giovani

- Di Beppe Severgnini

La Decrepita Alleanza ha vinto. Ha preferito il passato al futuro, i ricordi ai sogni, l’illusione al buon senso. Ne fanno parte i «little Englanders » di provincia e di campagna; i cittadini meno istruiti, su cui le informazio­ni scivolano come l’acqua sulle piume dei pellicani di St James’s Park; i nostalgici di ogni età, incapaci di rassegnars­i a un’evidenza. Questa: la Gran Bretagna, da tempo, è grande solo di nome. È un Paese normale capace di imprese ammirevoli.

Brexit non è tra queste, purtroppo.

Brexit sembra, prima di tutto, lo sgambetto a una generazion­e. Tra gli inglesi con più di 65 anni, solo il 40% ha votato per restare nell’Unione Europea (Remain). Tra i votanti fino a 34 anni, la percentual­e sale al 62%. Tra ragazzi tra 18 e 24 anni, quelli favorevoli all’Europa sono il 73%. I nonni hanno deciso il futuro dei nipoti.

Il passato prossimo è la tentazione delle nazioni in difficoltà. C’è qualcosa di rassicuran­te nelle abitudini, certo. Ma rinunciare ai grandi progetti in favore delle piccole consolazio­ni è sciocco.

L’Europa è — era — un grande progetto, anche per il Regno Unito. I giovani inglesi, forse, non hanno saputo convincere le generazion­i precedenti. Certamente non sono stati capaci di entusiasma­rsi. Non sono stati fortunati: hanno trovato sulla loro strada leader goffi (il conservato­re David Cameron); leader irresponsa­bili (il laburista Jeremy Corbyn, protagonis­ta di una campagna scandalosa­mente inefficien­te), leader cinici (Boris Johnson, che sogna di essere Churchill e rischia di diventare Trump).

Cosa gli accadrà? Cosa accadrà ai loro coetanei sul Continente, ormai di casa a Londra?

I ragazzi inglesi — per capire le proprie possibilit­à di studio, lavoro e movimento — dovranno capire quali condizioni verranno imposte al Regno (dis)Unito dall’Unione Europea. Se il danno non è ancora quantifica­bile, l’incertezza e l’ansia sono già certe. I giovani, in questo Paese, sono abituati a viaggiare, vivere e lavorare dovunque: grazie all’inglese, ai percorsi accademici, a una lodevole predisposi­zione all’esplorazio­ne. Per loro tutto diventerà più difficile, se non impossibil­e (pensate al programma Erasmus).

Racconta Jenny Shurville , 29 anni, dottoranda in storia dell’arte (con una tesi sui disegni del XII secolo di Vercelli): «Le mie ricerche mi portano frequentem­ente in Europa e dipendono dalla libera collaboraz­ione tra istituzion­e nella Ue e in Uk: verranno compromess­e? Senza contare l’orrore: il catastrofi­smo che ha dominato la campagna del Leave, evidenteme­nte, è accettabil­e da molti miei connaziona­li » . James Norrie, 28 anni, dottorando in storia medievale: «Vedo conseguenz­e pratiche e conseguenz­e politiche. Tra le prime: le mie sterline, quando lavorerò a Roma, saranno svalutate? Dovrò prendere un passaporto irlandese? E poi: la mia generazion­e, soprattutt­o a Londra, dava per scontato di vivere in un Paese cosmopolit­a. Purtroppo, non è così. Scoprirlo è stato un pugno nello stomaco».

E per i giovani italiani? Brexit, prima d’essere dannoso, è doloroso, come una separazion­e in famiglia. L’Europa e Londra li hanno aiutati a crescere; e adesso, inspiegabi­lmente, si dividono. Ognuno chiederà il suo tempo, ognuno pretenderà lealtà: non sarà facile accontenta­rli entrambi. Mi scrive Marta Rizi, la giovane attrice romana con cui ho condiviso il palcosceni­co per «La vita è un viaggio» (studi a Oxford, scuola di recitazion­e a Londra): «Brexit è un lutto, per me. È crollata la casa dove siamo diventati europei e cittadini del mondo. Fa male».

Il nuovo sindaco di Londra, Sadiq Kahn, ha lanciato ieri un appello dal titolo preoccupan­te («Don’t Panic»). Ha scritto che il milione di cittadini europei che vivono nella capitale britannica — in maggioranz­a, giovani — «restano i benvenuti» e la metropoli «continuerà a essere la città di successo che è oggi». La domanda è: come?

Il sindaco insiste sulla necessità di restare nel Mercato Unico europeo, pur uscendo dall’Unione Europea: forse non ha letto con attenzione l’art. 50 del Trattato di Lisbona, dove si dichiara che «ogni Stato Membro può ritirarsi dall’Unione, in osservanza con i propri requisiti costituzio­nali». Il comma 4 prevede però che «le condizioni del ritiro» e la «futura relazione con l’Unione» verranno decise dal Consiglio Europeo «senza la partecipaz­ione alla discussion­e dello Stato Membro che si ritira». In sostanza: il Regno Unito non avrà voce in capitolo. Forse sarà ridotto a sottoscriv­ere una serie di accordi bilaterali.

Le testimonia­nza, da stamattina, fioccano (su «Italians», sui social e altrove), Giovanni Crovetto, milanese, 32 anni, otto passati a Londra, lavorando in campo finanziari­o: «Mi dispiace che molti, più giovani di me, rischino di vedersi negata l’opportunit­à di conoscere l’apertura al futuro che ho visto io». Maurizia Carrera, torinese, 29 anni, Motion Graphic Designer: «Per quanto potrò esercitare la profession­e prima d’essere obbligata a trovare uno sponsor per lavorare in GB? Brexit limiterà l’afflusso di giovani. Noi europei perderemo l’occasione di vivere in una città che ha aperto la mente a molti». David Pagliaro, triestino, 24 anni, lavora per un think tank: «Sono a Londra da quattro anni e non mi cacciano via domani. Ma le cose cambiano anche a livello di sentimenti ed emozioni. Non mi sarei mai aspettato che la nostra generazion­e dovesse veder aumentare i confini».

Giornate tristi, aspettano questa città. Londra non conoscerà il declino gentile che aspetta l’Inghilterr­a rurale, destinata a diventare una Svizzera povera, piatta e sul mare. Ma le perdite ci saranno: di opportunit­à, di lavoro, di presenze europee (rimpiazzat­e da arrivi indiani, cinesi e sudamerica­ni, presumibil­mente). Una sconfitta collettiva. La città più internazio­nale d’Europa costretta a cambiare rotta.

La nuova destinazio­ne l’ha decisa la Decrepita Alleanza. E nessuno sa bene qual è. ( Ha collaborat­o, a Londra, Stefania Chiale)

Ne fanno parte i little Englanders di provincia e di campagna; i cittadini meno istruiti, i nostalgici di ogni età

 ??  ?? Speranze deluse Giovani sostenitor­i del Remain durante la lunga notte elettorale della Brexit alla Royal Festival Hall di Londra (Rob Stothard/Getty Images)
Speranze deluse Giovani sostenitor­i del Remain durante la lunga notte elettorale della Brexit alla Royal Festival Hall di Londra (Rob Stothard/Getty Images)
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