Scalatrice in carrozzina verso la vetta impossibile
Precipitò da una parete ed è in sedia a rotelle «Adesso sfiderò El Capitan in California»
«Non è proprio vera arrampicata, dai. E se pensi che ancora non ho imparato a risedermi da sola sulla sedia a rotelle quando finisco a terra...». Quella di Eleonora è una risata contagiosa, di pancia. Scherza, si schermisce, minimizza. Verrebbe quasi da crederle, non fosse che ad aspettarla c’è, nel parco californiano di Yosemite, El Capitan, una delle pareti di roccia più famose del pianeta. E lei, tra pochi mesi, la aggredirà a forza di braccia.
Eleonora Delnevo detta Lola, 35 anni, è un’alpinista bergamasca. Poco più di un anno fa, in Trentino, mentre scalava una cascata ghiacciata con altri due compagni, un blocco di roccia e ghiaccio si è staccato dalla parete, trascinandoli a terra. La sua colonna vertebrale si è spezzata. E la sua vita è cambiata in quell’istante. O meglio: avrebbe potuto cambiare. Senonché, dice lei, «io ho sempre avuto il viziaccio di una vita che va a mille. So che adesso dovrei rallentare, ma non ci riesco, la testa è rimasta quella di prima!», e ride ancora. Quindi: kayak, pallacanestro in carrozzina con la SBS di Bergamo («Fantastici, ma loro sono in serie A e molto agguerriti, io ho ricominciato a lavorare e la sera sono distrutta...») e, ovviamente, la montagna.
« Ero ancora in ospedale quando Diego Pezzoli, uno dei miei compagni di arrampicata, mi ha detto: non pensare
che non potrai fare più niente, ho già un’idea per te. E appena sono uscita me l’ha proposta: scalare El Capitan». Un sogno per tutti gli appassionati: un monolite di granito alto 2.300 metri, con pareti verticali che ne fanno una delle sfide più famose per gli alpinisti di tutto il pianeta. Eleonora ha detto sì, e ha iniziato ad allenarsi nella palestra Boulder&Co di Agrate Brianza, seguita da un fisioterapista di Movimento Positivo. Intorno a lei si sono raccolti amici e compagni di cordata, virtuali e non, per aiutarla nelle spese quotidiane — la campagna di crowdfunding Loli Back To The Top ha raggiunto, con le sue magliette, ogni angolo del pianeta o quasi — e nella preparazione della sfida.
Insieme a lei, tra fine settembre e inizio ottobre, partiranno in tre: oltre all’ideatore dell’impresa, Pezzoli (alla sua terza avventura sul massiccio californiano), l’inglese Andy Kirkpatrick (che El Capitan l’ha «conquistato» 29 volte, di cui una con compagni disabili) e l’italiano Franco Perlotto. Che è stato, nel 1986, il protagonista della prima solitaria in assoluto su una delle vie più conosciute del Capitan, Lurking Fear — il nome, «paura in agguato», la dice lunga — trascorrendo quattro giorni in parete. «Ho contattato Lola via Facebook — sorride lui —. Ho saputo che vuoi andare sul Capitan, le ho detto. Be’, io un pochino lo conosco, ti va se vengo con voi?».
Una volta nato il gruppo, c’è stato da pensare all’attrezzatura. « L’imbrago che userò è particolare — spiega Eleonora — e nasce per il parapendio. Ti consente di stare seduta e di scaricare il peso delle gambe, che altrimenti graverebbe tutto sul tronco». Il meccanismo è già stato sperimentato ma bisogna «tararlo» sulle esid’Arco genze individuali: «Arrampicare in questo modo non è così immediato. In allenamento sto facendo un lavoro tarato sulla muscolatura, con sospensioni, trazioni». Perlotto non sembra preoccuparsi: «Eleonora ha due braccia incredibili e un rapporto pazzesco peso- potenza. L’unico punto delicato sono le manovre di corda». Anche perché l’ascesa tutto sarà fuorché una passeggiata. «La risalita è impressionante — racconta Perlotto —. È un salto di 6-700 metri, la via più breve, ma anche più a strapiombo. Sei sospeso su un vuoto assurdo». Quanto tempo ci vorrà? «Almeno tre giorni interi, con due, forse tre bivacchi sospesi su parete. Non è un gioco per nessuno, salire sul Capitan».
Un’impresa spettacolare, che necessita preparazione e materiali — carrucole autobloccanti, imbrago nuovo. «È stato Andy a suggerire l’imbragatura specifica per questa ascesa, e ha raccolto di persona i fondi tra gli alpinisti inglesi», spiega ancora Perlotto. Perché questa, in fondo, è una storia di amicizia. Eleonora lo ripete: «La mia fortuna è che ho trovato un gruppo fantastico». Vale per il kayak, la palestra, la riabilitazione. E, ora, per i tre che la accompagneranno nella sfida a El Capitan.