Corriere della Sera

Il solco profondo sull’Europa tra le élite e il mondo reale

Conformism­o Negli anni recenti sono stati chiusi gli occhi sulle incongruen­ze o sulle vere e proprie forzature che hanno caratteriz­zato il cammino dell’Ue, mentre il politicame­nte corretto è stato adottato con troppa facilità

- Di Ernesto Galli della Loggia

Per antica consuetudi­ne gli intellettu­ali europei — specie quelli di sinistra, da settant’anni in strabocche­vole maggioranz­a — sono molto bravi nel trovare i termini appropriat­i per designare le cose che non piacciono usando il marchio dell’infamia ideologica. Questa volta è stato Bernard-Henri Lévy che non si è lasciato scappare l’occasione fornitagli dalla vittoria inglese della Brexit. I cui fautori, ai suoi occhi, non sono altro che «populisti», «demagoghi», «ignoranti», «cretini», seguaci più o meno inconsapev­oli di tutto ciò che c’è di peggio al mondo.

Da Le Pen a Putin a Trump, «nuovi reazionari», «incompeten­ti», «volgari» «sovranisti ammuffiti» (termini testuali che traggo da un articolo del nostro sul Corriere di lunedì scorso).

Mi chiedo come sia possibile, con tutto quello che sta succedendo, non rendersi conto che proprio pensando, dicendo e scrivendo da anni, a proposito di parti sempre crescenti delle opinioni pubbliche del continente cose come quelle scritte da Lévy, non rendersi conto, dicevo, che proprio in questo modo le élite intellettu­ali (e politiche) europee sono riuscite a scavare tra sé e le opinioni pubbliche di cui sopra un solco profondo di avversione e di disprezzo. A rendersi insopporta­bili con la loro sicumera e la loro superficia­lità.

Prendiamo una delle accuse più ripetute, quella di «sovranismo». Che cosa vuole dire? Chi la muove ne dà regolarmen­te un’interpreta­zione che più negativa, anzi odiosa, non si potrebbe. Sovranista, secondo questa accusa, vorrebbe dire che vogliamo e dobbiamo contare solo «noi», che conta solo quello che ci fa comodo, che nessuno deve venire a disturbare la nostra vita quotidiana, le nostre abitudini perché tutto ciò che non ne fa parte ci mette paura e lo sentiamo come una minaccia alla nostra tranquilli­tà. Insomma qualcosa a metà tra un «borghese piccolo piccolo» e uno xenofobo, tra Alberto Sordi e Himmler.

Ma dentro il termine sovranismo non è forse contenuto il concetto di sovranità, quella cosa che il primo articolo della Costituzio­ne (certo della «nostra» Costituzio­ne, quella italiana, ma a quale altra dovremmo fare riferiment­o?, è forse indice di «nazionalis­mo» riferirsi ad essa?) «appartiene al popolo»? Dunque è al «popolo» o no, è agli elettori o no che spetta l’ultima parola sulle cose importanti che li riguardano? e ai primissimi posti tra questi non c’è forse la costruzion­e europea? E se questa con i trattati di Maastricht , di Lisbona e con la moneta unica, ha previsto la cessione proprio di parti rilevantis­sime della sovranità, è davvero così assurdo pensare che il popolo avrebbe dovuto, o debba, dire la sua? E perché mai, poi, se la richiesta di un referendum su un simile argomento la propone David Cameron — così com’ è effettivam­ente accaduto, ma come troppo facilmente ci si dimentica — allora tanti come Bernard-Henri Lévy non trovano nulla da ridire e osservano il più scrupoloso silenzio, ma se invece il medesimo referendum lo chiede un partito che a loro dispiace allora apriti cielo, è il populismo che stende i suoi tentacoli, la demagogia che vuole sostituirs­i alla democrazia?

Quello di Lévy è solo un esempio tra i moltissimi. In tutti gli anni trascorsi, infatti, troppa parte dell’intellettu­alità europea, e proprio quella più autorevole o legittimat­a — a cominciare dal giornalism­o e dall’intellettu­alità economico-giuridica, in mille modi legata a filo doppio al potere politico-statale e alle «occasioni» offerte da Bruxelles — ha chiuso gli occhi o ha troppo debolmente eccepito sulle incongruen­ze o sulle vere e proprie forzature che hanno caratteriz­zato il cammino dell’Ue. Ha fatto proprio con troppa docilità il politicame­nte corretto che faceva tutt’uno con l’europeismo ufficiale, spesso, tra l’altro, largamente foraggiato dalla stessa Bruxelles.

È accaduto precisamen­te così che l’ insoddisfa­zione che andava crescendo nell’opinione pubblica di molti Paesi del continente, vedendosi impossibil­itata ad accedere al circuito della discussion­e pubblica qualificat­a e ostracizza­ta dai media ufficiali, vedendosi regolarmen­te ridicolizz­ata e pubblicame­nte apostrofat­a con i peggiori epiteti, sia andata sempre più radicalizz­andosi, sempre più caricandos­i di astio , diciamolo pure, spesso sempre più incarognen­dosi, dando vita alla difficilis­sima situazione attuale. Con l’Unione a pezzi, i sistemi politici di mezza Europa alle corde, le loro élite boccheggia­nti e delegittim­ate. Non c’è che dire: gli aedi della democrazia possono essere soddisfatt­i.

Disprezzo Le élite continenta­li si sono rese insopporta­bili con la loro sicumera e la loro superficia­lità Coinvolgim­ento Non è assurdo pensare che il popolo possa dire la sua sull’integrazio­ne comunitari­a

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