Giovani e lavoro I passi avanti trascurati dai governi Ue
Per tentare di riprendere il dialogo con i giovani dobbiamo aspettare di «aver reinventato il capitalismo», come sostengono diversi intellettuali, o non è più sensato far funzionare le politiche del lavoro? La domanda potrà sembrare bizzarra perché mescola ambiti di riflessione non omogenei ma fotografa lo stato della discussione. Dopo ogni elezione tanti segnalano l’ampliamento della distanza tra giovani e società politica, i governi però non sono capaci di inserire i temi della condizione delle nuove generazioni nell’agenda delle priorità.
Non sono capaci di infilare le politiche attive del lavoro, non dico, nelle mitiche «riforme strutturali» ma nemmeno in cima alla comunicazione. Avete, forse, visto nei mesi scorsi uno spot di Matteo Renzi a sostegno di Garanzia Giovani? No. E il motivo è semplice: quel programma di registrazione dei giovani inattivi presso i Centri per l’impiego oppure la partenza della nuova Agenzia del Lavoro (l’Anpal) sono considerate questioni settoriali che possono investire tutt’al più la responsabilità di un singolo ministro. Eppure nell’attesa della palingenesi del modello economico vigente è proprio dalle concrete politiche del lavoro che passa il dialogo con i giovani e che si può rigenerare fiducia dal basso. In fondo il numero esorbitanti di Neet italiani (ben oltre 2 milioni) fa da pendant all’aumento del tasso di astensione alle urne. Segnalano entrambi l’interruzione di una relazione. Il deficit di interlocuzione, del resto, non è solo italiano. Garanzia Giovani (mai nome fu più sbagliato perché alimenta di per sé l’illusione di un lavoro paracadutato dall’alto) è un programma interamente finanziato dalla Ue ma ben 8 Paesi della comunità europea a fine maggio 2016 non avevano speso neanche il 30% delle somme messe a disposizione. I nomi dei Paesi inadempienti sono addirittura secretati (!) e finora ne sono trapelati solamente due: Spagna e Regno Unito. L’Italia invece almeno in questo caso ha fatto i compiti e ha superato abbondantemente il target intermedio di spesa. E’ chiaro però che un’inadempienza così clamorosa come quella generata dall’inefficienza degli 8 Paesi sta pesando negativamente sul possibile rifinanziamento di Garanzia Giovani da parte di Bruxelles, previsto inizialmente a partire dal 2017.
Ma al di là delle considerazioni sul budget Garanzia Giovani in Italia si è rivelato un flop oppure no? Sulla base dei dati Isfol il ricercatore Francesco Seghezzi di Adapt ha ultimato un’elaborazione secondo la quale al 65% dei ragazzi registratisi è stato offerto un tirocinio e successivamente un terzo di coloro che sono entrati
in azienda sono stati confermati. Alla fine del percorso di mobilitazione previsto dal programma sono stati occupati 188 mila giovani, di cui però 115 mila hanno trovato l’occupazione da soli o prima che fosse concluso l’iter di coinvolgimento previsto dai Centri per l’impiego. Seghezzi sostiene anche che il pescaggio di Garanzia Giovani non è stato profondo come avrebbe dovuto perché tra i coinvolti solo il 35% viene dal mega-serbatoio degli inattivi totali. Da parte governativa si obietta che si è trattato di un test sulle politiche del lavoro che non aveva precedenti, che è servito ad attivare comunque un milione di giovani e grazie ai tirocini ha avvicinato i ragazzi alla comprensione delle profonde discontinuità intervenute nel mercato del lavoro. Il termine tecnico è « occupabilità » e vuol dire che ogni giovane deve imparare a co-gestire il valore del proprio capitale umano per poi incrementarlo di continuo.
Comprendere questa novità è una profonda svolta culturale (anche per le famiglie) e avrebbe richiesto in appoggio un impegno costante da parte dei governi anche in termini di comunicazione. Ma non sembrano averlo compreso. Lo stesso sta accadendo per l’Anpal che dovrebbe servire a modernizzare il nostro sistema del collocamento (i Centri per l’impiego, per l’appunto) e armonizzarlo con le agenzie private del lavoro. Il decreto istitutivo prevedeva che fosse operativa dal primo gennaio 2016 e invece a tutt’oggi mancano ancora gli atti formali per poter operare.
E’ chiaro che il senso di disuguaglianza che percorre le nostre società non verrà mitigato dal varo dell’Anpal ma è ancor più vero il contrario: più si boicottano le politiche attive del lavoro — o come in Spagna e Regno Unito non si spendono nemmeno i soldi stanziati — più il solco tra i giovani e la società politica si allarga. Elementare.