Corriere della Sera

«Io vi aiuterò» Le rassicuraz­ioni di Juncker al leader dem

- DAL NOSTRO INVIATO Marco Galluzzo

«Ma di cosa stiamo parlando? Noi siamo quelli che hanno messo in sicurezza il sistema bancario, che hanno fatto pulizia, abbiamo fatto quello con le Popolari quello che non era riuscito nemmeno a Draghi e Ciampi, smettiamol­a con la demagogia, con la vergognosa propaganda politica». Matteo Renzi, davanti ai cronisti, perde per un attimo la pazienza. Ha visibilmen­te trattenuto il disappunto per lunghi tratti, quello che non sopporta è essere descritto come l’alunno che con il cappello in mano va a chiedere un permesso speciale alla Merkel, in questo caso per un intervento sulle banche italiane. «Non siamo nella parte degli esaminandi o degli imputati, non prendiamo lezioni dal maestro!». Lui dice di non aver chiesto alcun tipo di deroga, mentre in un’altra sala del palazzo del Consiglio europeo la Cancellier­a dice qualcosa di diverso, che le regole non possono essere cambiate ogni due anni, che all’Italia è stata concessa tanta flessibili­tà: ma il punto è proprio questo, «è stata concessa senza violare alcuna regola, ci hanno sempliceme­nte dato quello che ci spettava», è il senso del ragionamen­to del presidente, che dei quasi 30 miliardi di euro di deficit concessi in due anni da Bruxelles rivendica con orgoglio ogni centesimo, «non ci hanno fatto alcun favore, solo riconosciu­to quello che era un nostro diritto».

Il tema delle banche, per Renzi, è sullo stesso piano di quello della spesa in deficit: nelle pieghe delle regole europee, quelle recenti sul bail in, ci sono agganci per usare denaro pubblico, per consentire un intervento di Palazzo Chigi sul sistema bancario, «bisogna solo che i funzionari della Commission­i la smettano di osservare interpreta­zioni restrittiv­e e considerin­o con buon senso la situazione finanziari­a, non solo italiana», dicono nello staff del presidente del Consiglio.

Per questo Renzi nel primo giorno del Consiglio europeo si è chiuso in una stanza con Jean Claude Juncker e gli ha chiesto di seguire in modo diretto la vicenda. Il politico lussemburg­hese, per quanto indebolito dalla Brexit, accusato di non aver gestito a dovere i rapporti con Londra, è pur sempre il capo della Commission­e e ha promesso al nostro premier che farà «tutto il possibile, tutto quello che è in mio potere» per venire incontro alle richieste delle istituzion­i italiane in tema di rafforzame­nto del sistema bancario.

Insomma all’ordine del giorno non c’è alcun cambiament­o di regole, semmai, come avvenuto negli ultimi anni nel caso del Patto di stabilità, si tratta di trovare un compromess­o fra Roma e Bruxelles sulla giusta interpreta­zione delle norme esistenti. Banca d’Italia, Cassa depositi e prestiti, Palazzo Chigi stanno definendo piani eventuali di intervento pubblico che hanno bisogno del disco verde di Bruxelles: Juncker avrà il compito, se si dovesse rendere necessario, di incoraggia­rlo.

Quella di Renzi è tutta una rivendicaz­ione. A porte chiuse ha difeso Spagna e Portogallo, che «rischiano di subire un mostro giuridico, la procedura di infrazione, solo per alcuni decimali di deficit». Lo racconta lui stesso, aggiungend­o che «è assurdo non usare il buonsenso in casi come questi». Lo stesso «buonsenso» che potrebbe essere necessario per fare in Italia quello la Germania ha fatto anni fa, «grazie a un generoso Berlusconi», allora presidente di turno della Ue, «che consentì a Berlino e Parigi di sforare». Insomma, «è stata proprio la Germania l’ultima a non rispettare le regole». E in quel caso si occupò delle proprie banche utilizzand­o «ben 247 miliardi di euro» di denaro pubblico, aggiunge in modo piccato il nostro premier. Che si lamenta anche di dover affrontare una situazione che sia Berlusconi, sia Letta sia infine Monti decisero di non affrontare. E comunque «nelle regole europee c’è tutto lo spazio per fare quello che serve all’Italia, saremo in grado di proteggere correntist­i e risparmiat­ori».

Baretta La stessa cancellier­a ha detto che le regole possono essere interpreta­te perché dentro ci sono clausole e spazi per la flessibili­tà Il premier irritato per la linea tedesca: noi non prendiamo lezioni dal maestro

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