La ministra Wallström: «Ora la Gran Bretagna deve uscire al più presto»
La responsabile della diplomazia svedese: basta incertezza
«Ora la Gran Bretagna deve uscire al più presto». Margot Wallström, 61 anni, guida la diplomazia svedese dal 3 ottobre 2014, ma conosce molto bene anche i meccanismi dell’Unione Europea: dal 1999 al 2010 ha fatto parte della Commissione presieduta da José Manuel Barroso. È una socialdemocratica e negli anni di Bruxelles ha sempre dimostrato una forte vocazione al dialogo, all’inclusione. Oggi, però, ha fretta. Si aggira nei corridoi del Palazzo delle Nazioni Unite, a New York, dove è arrivata per gestire direttamente le ultime mosse del governo di Stoccolma, in gara con l’Italia per un seggio tra i membri non permanenti nel Consiglio di Sicurezza. Missione riuscita alla prima votazione. Prima di lasciare il Palazzo di Vetro si ferma e risponde a qualche domanda sullo scenario che si è formato in Europa, dopo il referendum di giovedì 23 giugno nel Regno Unito.
Angela Merkel chiede di dare tempo al governo di David Cameron, di tenere aperto il filo del dialogo con Londra. François Hollande e Matteo Renzi vogliono, invece, stringere
cui stiamo vivendo da venerdì scorso, quando abbiamo visto i risultati del referendum. Nell’incertezza, nell’instabilità non si costruisce niente di buono. Il secondo è politico. Se non riusciamo ad andare oltre, daremo ancora più spazio ai movimenti euroscettici e soprattutto xenofobi. Ci faremo dettare da queste formazioni politiche la nostra agenda nazionale ed europea».
La Svezia è un Paese che ha un profilo simile a quello del Regno Unito. Non fa parte dell’euro, si è sempre mantenuta a una certa distanza dai progetti di maggiore integrazione. Cambierà qualcosa dopo la «Brexit»?
«Il nostro Paese non è nella situazione del Regno Unito, questo tengo a sottolinearlo. Non abbiamo neanche un accenno di dibattito sull’eventualità di un’uscita dall’Unione Europea. Al contrario siamo disponibili a rafforzare la cooperazione con gli altri partner Ue e soprattutto pronti a dare al mondo un segnale di rinnovata unità europea. Vogliamo lavorare con tutti in questa direzione».
Che cosa è necessario cambiare nella costruzione europea? Esiste un problema di istituzioni o di priorità politiche? Occorre dare più spazio a temi come la sicurezza dei cittadini, l’immigrazione?
«Un momento. Adesso non dobbiamo farci prendere dalla frenesia. Non è che dobbiamo buttare tutto per aria e ricominciare da zero. La cosa più urgente da fare, ora, è rilanciare la coesione dell’Unione. Questo è il segnale che serve. I Paesi che ne fanno parte devono dire con chiarezza: noi continuiamo a credere in questo progetto. Poi vedremo se sarà necessario aprire ragionamenti sulle istituzioni. La nostra agenda comprende già le emergenze che toccano i nostri cittadini: la sicurezza, l’immigrazione e tante altre. Ripeto, in questo momento dobbiamo soprattutto riconfermare la nostra scelta di campo a favore dell’Unione Europea».
La Svezia resterà fuori dall’euro?
«Sì, continuiamo a restare fuori dalla moneta unica, non c’è ragione di rimettere in discussione questa posizione. Ma questo non significa che vogliamo mantenere le distanze con l’Unione Europea. Noi siamo europeisti convinti».
All’Onu, però, i Paesi europei non fanno blocco, anzi la competizione sembra ancora più serrata...
«Noi ci siamo candidati per un seggio tra i membri non permanenti nel Consiglio di Sicurezza con l’idea di offrire una sponda per collaborare con tutti i Paesi. In particolare tengo a dire che l’amicizia con l’Italia, nostra concorrente in questo caso, non è minimamente in discussione».