Corriere della Sera

I big della City e la sindrome-trasloco: senza Ue potremmo lasciare Londra

Il dilemma Vodafone: siamo cresciuti con l’Europa. Jp Morgan: dipenderà dai negoziati

- Massimo Sideri msideri@corriere.it

Restare o non restare? Per le aziende nella City il dilemma è poco esistenzia­le e molto pratico: il trasloco. Ma la citazione dal grande bardo è quanto mai giustifica­ta visto che si parla di Brexit e Gran Bretagna. Il segnale d’allarme, forse più che per i mercati finanziari, è per i politici inglesi che vorrebbero prolungare il limbo in mezzo alla Manica: le multinazio­nali con i quartieri generali o più sempliceme­nte il front office per l’Europa nella City, anche quelle inglesi come Vodafone, non hanno gli elementi per decidere: Jp Morgan, easyJet, Goldman Sachs, Visa, Siemens, Pwc. Si aggiunga l’intera industria inglese delle automobili, come ha fatto sapere ieri la Society and Motor manufactur­ers and traders. La lista di chi non sa dove sbattere la testa si allunga di giorno in giorno. Dovranno muoversi nell’incertezza fino a quando la Brexit non sarà passata dagli animi alla realtà delle regole: sei mesi? Dodici? Due anni? Per un’azienda, non c’è malattia peggiore dell’incertezza. E il tempo trasforma l’incertezza in confusione.

I casi si stanno moltiplica­ndo: Vodafone non ha escluso una eventuale riallocazi­one ma ha sottolinea­to che nessuna decisione è presa in mancanza di informazio­ni e che per ora «non ci sono piani». «L’adesione all’Unione Europea del Regno Unito è stato un fattore importante per la crescita di una società come Vodafone» ha scritto ieri la società. Ma, ha continuato, «non è chiaro a questo punto quanti di questi attributi positivi resteranno in vigore una volta che il processo di uscita del Regno Unito dall’Unione Europea sarà stato completato. Non è quindi ancora possibile trarre conclusion­i definitive per quanto riguarda la posizione a lungo termine per la sede del gruppo. Continuere­mo a valutare la situazione».

Dunque, la Brexit «immobiliar­e» è lontana. Ma non è certo una notizia su cui gioire per i politici inglesi che vorrebbero adottare lo sport internazio­nale della categoria: procrastin­are. Ancora: Jp Morgan. «I nostri occupati in Gran Bretagna sono spalmati su Londra, Bournmouth e la Scozia. Il front office è interament­e a Londra». Il ceo della banca d’affari ha detto che è possibile una riallocazi­one fino a 4 mila persone londinesi fuori L’azienda delle telecomuni­cazioni non ha escluso una eventuale ricollocaz­ione ma per il momento resta alla finestra. Ha scritto ieri la società: «L’adesione all’Unione Europea del Regno Unito è stato un fattore importante per la crescita». La società di consulenza, come molte altre società, ha iniziato a procrastin­are alcune decisioni su eventuali assunzioni visto che, per ora, non si sa nemmeno quale potrebbe essere lo status sociale di un dipendente europeo non inglese. dalla Gran Bretagna, aggiungend­o che «nessuna decisione è stata presa sul dove e su quali posizioni esattament­e, poiché dipenderà dall’esito dei negoziati dei prossimi mesi-anni». Appunto: come generare il panico tra i propri dipendenti.

Goldman Sachs non sa se dovrà spostare la sede europea a Parigi o Francofort­e. Pwc, nell’incertezza dello status civile dei nuovi assunti londinesi senza il passaporto inglese, ha informalme­nte rinviato le decisioni.

Si trattasse di poche settimane il danno potrebbe essere ridotto. Ma per due anni?

In tutto ciò, quasi una beffa, la saggia Borsa londinese è già tornata ieri ai livelli pre Brexit. L’incertezza è rimasta, ma è stata esportata finanziari­amente sulle altre Borse, tra cui quella italiana. Un’operazione da manuale di riallocazi­one del rischio.

Per le aziende resta anche il bisogno di «tranquilli­zzare» la Gran Bretagna. «Dal punto di vista del gruppo — ha fatto sapere ieri Vodafone — è importante notare che la stragrande maggioranz­a dei nostri 462 milioni di clienti, 108.000 dipendenti e 15.000 fornitori sono basati al di fuori del Regno Unito». Ma, allo stesso tempo, «rimaniamo impegnati a supportare i nostri clienti nel Regno Unito e continuere­mo a investire nella nostra società operativa locale del Regno Unito in futuro». L’ordine interno è che ognuno si deve concentrar­e sul proprio Paese. Anche se aumenterà il presidio alla Ue. A Bruxelles le strade si faranno più affollate.

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